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Cos’è la sostenibilità ambientale: e perché non esiste.
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Cos’è la sostenibilità ambientale: e perché non esiste. Eppure ne parlano tutti. Ne scrivono nei bilanci, nei piani strategici, nei manifesti politici, nelle pubblicità dei detersivi. “Sostenibilità ambientale”. Due parole messe insieme come se bastassero a salvarci. Ma la verità è che la sostenibilità ambientale non esiste. Non perché non serva agire per rigenerare il pianeta. Ma perché il modo in cui ne parliamo, e soprattutto in cui la pensiamo, è profondamente sbagliato. È un errore di pensiero.
Uno di quelli che ci condanna a cercare soluzioni dentro la logica stessa che ha creato il problema.
Cosa si intende oggi per “sostenibilità ambientale”.
Nel linguaggio comune — ma anche, purtroppo, in quello professionale (persino tra esperti di sostenibilità) — quando si parla di sostenibilità si sottintende che si stia parlando di sostenibilità ambientale.
Come se esistesse solo lei.
Come se il problema fosse solo questo.
Ma ti dirò di più: non solo non è l’unico problema, ma quello ambientale è solo un sintomo.
Un sintomo di un problema molto più profondo, che — se vogliamo davvero risolverlo — va affrontato dalla radice.
Anche quando parliamo di sostenibilità ambientale, in fondo, pensiamo sempre a qualcosa che ha a che fare con la natura: l’aria, l’acqua, gli alberi, gli animali.
Si immagina l’ambiente come un contenitore esterno da preservare.
Un “fuori” da proteggere mentre continuiamo a fare “dentro” le nostre cose.
Riduzione delle emissioni. Compensazione della CO₂. Energie rinnovabili. Plastica riciclata.
Non a caso si sente dire: “vado a fare una passeggiata nella natura”, “adoro stare in natura”, “il pianeta è la nostra casa”.
Ma questo modo di percepire la natura è già parte del problema.
(Ne ho parlato anche in questo articolo → Cos’è la Natura e perché ha poco a che vedere con l’ambiente.)
Tutto questo, che non è sbagliato in sé, viene incasellato sotto l’etichetta rassicurante della “sostenibilità ambientale”.
Ma qui c’è il nodo: L’ambiente non è un compartimento.
Non è una sezione del bilancio.
Non è un reparto della vita.
L’ambiente è il sistema. È la rete di relazioni di cui siamo parte.
La natura non è “la nostra casa” o un paesaggio da abitare.
È l’organismo di cui siamo cellule.
Come i polmoni sono parte del nostro corpo.
Quando usiamo il termine “sostenibilità ambientale” come se fosse un’area a sé,
stiamo separando ciò che in natura è unito.
E così facendo, non solo fraintendiamo la sostenibilità.
La rendiamo impossibile.
La sostenibilità non è ambientale. È sistemica.
Se leggiamo la maggior parte dei libri sulla sostenibilità, anche quelli molto belli, come "L'era dello sviluppo sostenibile" di Jeffrey D. Sachs, appare chiaro come la sostenibilità ambientale, la sostenibilità sociale e la sostenibilità economica sia trattate in modo diviso.
Ma vuoi sapere perchè?
Lo so che non me lo hai chiesto ma è importante saperlo!
Perché le multinazionali sono divise in compartimenti e settori.
E la stessa visione di sostenibilità che abbiamo oggi deriva proprio da loro.
Si hai capito bene!
Deriva proprio dalle stesse multinazionali che hanno contribuito fortemente a distruggere.
Dividiamo le tre tipologie di sostenibilità come fossero scomparti indipendenti.
Come se potessimo bilanciare una colonna con l’altra, tenere tutto in equilibrio facendo un po’ per l’ambiente, un po’ per le persone, un po’ per il profitto.
Ma la sostenibilità non è una somma di settori.
Non è una media ponderata tra emissioni, equità e margini.
È uno stato dei sistemi complessi - puoi leggere il suo significato in questo mio articolo → Cos’è davvero la sostenibilità?
Un sistema è sostenibile quando si riesce a mantenere in un range di funzionalità nel tempo, adattandosi ai cambiamenti, evolvendo, rigenerando le proprie risorse interne e le sue relazioni con l’esterno.
È qualcosa che emerge da un certo tipo di equilibrio dinamico, non da un insieme di buone pratiche incollate l’una all’altra.
Per questo la sostenibilità non può essere ambientale: perché non può essere separata dal resto.
L’ambiente non è “una parte” del sistema.
È il sistema stesso.
E noi — con le nostre economie, culture, società, aziende, emozioni — siamo il sistema.
Non ci viviamo dentro. Ci viviamo come.
Cos’è la sostenibilità ambientale: è una conseguenza.
Quindi la sostenibilità è uno stato dell'essere.
Un modo di esistere.
E malgrado questa parola riempia le bocche di mille "esperti", l'ambiente rientra semplicemente in questo obiettivo da raggiungere.
Oltretutto quello che noi chiamiamo ambiente (ma che ambiente non è essendo un "organismo" di cui noi stessi facciamo parte), e il relativo problema di crisi ambientale, non è la causa di quello che stiamo vivendo.
É uno dei sintomi più vistosi.
Ciò significa che il 99% degli articoli che trovi sul web e che leggerai sulla sostenibilità non parlano di come risolvere davvero il problema, ma di come attenuare i suoi sintomi.
Il problema sistemico che stiamo vivendo è in realtà molto semplice nella sua formulazione, di cui il Bateson ne ha perfettamente tirato fuori una sintesi: “I maggiori problemi del mondo sono il risultato della differenza fra come funziona la natura e il modo in cui la gente pensa.”
Cioè il problema è puramente di disconnessione.
Ma prima devo spiegarti una cosa semplice.
Sei pronta/o?
Devi sapere che i sistemi complessi si dividono in gerarchie man mano che si auto-organizzano e diventano sempre più complessi.
Ad esempio, un individuo nel corso della sua vita formerà una coppia, una coppia poi una famiglia, e una famiglia insieme ad altre una comunità, ecc.
In poche parole questi sistemi sono tutte una serie di matrioske messe una dentro alle altre.
E seppur noi li dividiamo per discuterne, sono comunque interconnessi fra loro.
Fatta questa premessa, ciò significa che l'essere umano è un sottosistema della natura (che è poi il sistema più grande che conosciamo) e che il problema di crisi ecologica che stiamo vivendo è molto semplice nella sua struttura di quanto pensiamo.
Noi esseri umani, che siamo sosttosistemi della natura, abbiamo sviluppato degli obiettivi diversi rispetto al sistema "centrale" (la natura).
Questo comportamento è la stessa cosa che avviene in modo analogo in un tumore.
Una cellula che, fino a poco prima, agiva per il bene del corpo, a un certo punto impazzisce.
Comincia a crescere per sé, a seguire uno scopo proprio, e nel farlo minaccia l’intero organismo.
E così, paradossalmente, mina anche la propria sopravvivenza.
Ecco: questo siamo diventati noi.
Cellule impazzite di un sistema vivente che non riconosciamo più.
Cos’è la sostenibilità ambientale: La sostenibilità non è un obiettivo. È una proprietà emergente.
Ed è proprio qui che casca l’intero paradigma con cui pensiamo la sostenibilità: la trattiamo come un obiettivo da raggiungere.
Come se fosse un traguardo da tagliare.
Un KPI da misurare.
Un piano a step: prima facciamo questo, poi quello, e alla fine saremo… sostenibili.
Ma i sistemi viventi non funzionano per obiettivi rigidi.
Funzionano per adattamento, evoluzione, feedback, co-emergenza.
La sostenibilità non è un punto sulla mappa: è una qualità che emerge quando il sistema si regola in modo funzionale.
È una conseguenza, non un comando.
È il risultato di un equilibrio dinamico, non di un piano a scadenza.
Il problema è che siamo abituati a ragionare con un modello meccanico del mondo: comando → controllo → risultato.
Un modello che funziona solo in ambienti chiusi, lineari, prevedibili.
Ma i sistemi viventi sono aperti, circolari, relazionali.
Ecco perché la sostenibilità non si può pianificare.
Si può solo creare un contesto in cui possa emergere.
E qui torniamo a Bateson, a Capra, a Meadows: la sostenibilità è una danza di retroazioni, soglie critiche, interdipendenze.
Non si “costruisce”.
Si coltiva.
Si cura.
Si protegge la relazione da cui può nascere.
Il più grande ostacolo alla sostenibilità? Il capitalismo.
Tutto questo discorso — cos’è la sostenibilità ambientale, la sostenibilità come stato dei sistemi, sulla disconnessione tra umanità e natura, sulla cellula impazzita, ha in realtà una radice comune.
Sai quale?
Una struttura che orienta i nostri pensieri, le nostre azioni, le nostre economie.
Questa struttura ha un nome preciso.
Si chiama capitalismo.
Un sistema che si fonda su un’idea di crescita infinita dentro un pianeta finito.
Che premia l’estrazione, l’efficienza, l’accumulazione e la standardizzazione.
Che separa l’economico dal biologico, il profitto dalla vita, il valore dal significato.
Il capitalismo è l’unico sistema vivente che non riconosce i suoi limiti ecologici.
Che ignora la complessità dei cicli naturali.
Che punta al massimo rendimento, anche quando significa distruggere le basi che rendono possibile quel rendimento.
È un sistema che non funziona come la natura, ma che costringe tutto, persone, aziende, ecosistemi, a funzionare contro la natura pur di perseguire l'unico obiettivo possibile: profitto veloce.
Come una cellula tumorale che si riproduce per sé, consumando tutte le risorse dell’organismo, fino al collasso.
Ed è proprio per questo che la sostenibilità è incompatibile con il capitalismo.
Non è una questione morale, ma strutturale.
Non possiamo parlare di sostenibilità se continuiamo a usare lo stesso sistema operativo che genera instabilità.
Finché il capitalismo sarà il nostro contesto, la sostenibilità resterà uno slogan.
Un greenwashing. Un’illusione.
Forse è questo, in fondo, il senso più profondo della sostenibilità: ritornare in relazione con la vita.
Non come osservatori esterni.
Non come “protettori dell’ambiente”.
Ma come cellule coscienti di un corpo più grande, capaci di scegliere se contribuire alla sua salute o alla sua malattia.
Non si tratta di salvare il pianeta.
La Terra continuerà a girare anche senza di noi.
Si tratta di ritrovare un modo di stare al mondo che non ci condanni all’estinzione interiore prima ancora che biologica.
E per farlo, non basta cambiare abitudini.
Dobbiamo cambiare paradigma.
Dobbiamo cambiare coscienza.
La sostenibilità non è una tecnica.
È una rivoluzione silenziosa.
Quella che comincia quando torni a sentire che sei parte di tutto ciò che vuoi cambiare.
Cos’è la sostenibilità ambientale: Bibliografia e Link
1. James Lovelock – Gaia: A New Look at Life on Earth
Una delle opere più influenti del XX secolo: introduce l’ipotesi di Gaia, secondo cui la Terra si comporta come un organismo vivente autoregolante. Fondamentale per comprendere la sostenibilità come proprietà emergente dei sistemi viventi.
2. Lynn Margulis – Symbiotic Planet: A New Look at Evolution
Un viaggio nel cuore della biologia evolutiva. Margulis mostra come la cooperazione (più che la competizione) sia stata la forza guida dell’evoluzione. Un punto di vista rivoluzionario che cambia radicalmente la nostra idea di sostenibilità.
3. Gregory Bateson – Mente e natura. Un’unità necessaria
Un testo visionario che esplora le connessioni profonde tra pensiero, ecologia e sistemi complessi. Bateson mostra come la crisi ecologica sia, prima di tutto, una crisi epistemologica: pensiamo male, quindi agiamo peggio.
4. Donella Meadows – Pensare per sistemi. Interpretare il presente, orientare il futuro verso uno sviluppo sostenibile
Un’introduzione accessibile e potente al pensiero sistemico. Meadows fornisce strumenti pratici per osservare, comprendere e intervenire nei sistemi complessi — dai progetti locali fino alla crisi planetaria.
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Per uscire dalla crisi climatica stiamo utilizzando gli stessi modelli e valori che l'hanno creata. Non te lo sentirai dire spesso ma un business non esiste per vendere. Un business esiste per dare alle persone gli strumenti necessari ad essere davvero felici. La vendita, come l'equilibrio del pianeta, sono solo dirette conseguenze di questo comportamento.