Accessibility Tools

Skip to main content

Impara a progettare con le stesse strategie della natura con Systemic Flow.

Scopri le mie strategie per creare un business rigenerativo che porti reale valore la comunità e al pianeta.

Cos’è la comunità e perché sono morte.

Regenerative Growth

Iscriviti gratuitamente e accedi immediatamente ai miei contenuti premium. Cosa potrai scaricare:

  • i miei sistemi di progettazione per costruire dalle tue passioni un business rigenerativo straordinario, in grado di restituire risorse ed energie per la comunità e il pianeta.
  • il mio ebook "La felicità è una cosa seria" da leggere in 30 min.

Cos’è la comunità e perché sono morte: nel dibattito contemporaneo, il termine “comunità” è onnipresente: progetti culturali, politiche pubbliche, aziende e comunicazione lo utilizzano per indicare appartenenza, prossimità, partecipazione. Ma cosa intendiamo esattamente quando parliamo di comunità? E, soprattutto, queste comunità esistono ancora o sono solo una proiezione idealizzata? In questo articolo propongo un’analisi sistemica del concetto di comunità, a partire dalla sua definizione funzionale all’interno dei sistemi complessi. Ricostruirò le condizioni che rendono possibile l’emergere di un sistema comunitario — in termini di relazioni, interdipendenze, valori condivisi, mutua responsabilità — e identificherò le dinamiche storiche, economiche e culturali che hanno progressivamente disgregato tali sistemi. Perché la comunità, in quanto struttura viva e adattiva, non è semplicemente una somma di individui. È un’organizzazione sistemica. E quando vengono meno le condizioni sistemiche che la sostengono, ciò che resta è solo una retorica vuota.


Cos’è la comunità: un sistema complesso.

Per comprendere cosa sia realmente una comunità, è necessario abbandonare ogni visione romantica o puramente identitaria.

Una comunità non è un insieme di persone che condividono interessi simili, né una semplice aggregazione geografica o culturale.

È, prima di tutto, un sistema complesso.

Ma facciamo prima due passi indietro.

Cosa è un sistema complesso?

Un sistema è complesso di elementi interconnessi fra loro, organizzato con coerenza al fine di perseguire un obiettivo.

Se vuoi saperne di più approfondisci il mio articolo: Cos’è un sistema complesso: perché non lo capisce quasi nessuno?

Per comprendere meglio cosa intendiamo con “sistema complesso”, ecco alcuni esempi emblematici che ti saranno familiari:

  • Un organismo vivente: il corpo umano, una pianta, un animale. Ogni cellula è interconnessa con le altre, in una rete di funzioni che cooperano per mantenere in vita l’organismo. Il fegato da solo non è “la vita”, ma contribuisce in modo insostituibile a un equilibrio dinamico.

  • Un ecosistema naturale: una foresta, una barriera corallina, un lago alpino. Ogni specie, visibile o invisibile, contribuisce a un equilibrio. Se sparisce un insetto impollinatore o si modifica il pH dell’acqua, l’intero sistema può collassare o trasformarsi radicalmente.

  • Una città: non è solo la somma degli edifici e delle infrastrutture, ma un insieme di persone, flussi economici, reti sociali, linguaggi, servizi, memorie storiche e tensioni culturali. È viva, cambia ogni giorno, non ha un “controllo centrale”.

  • Il nostro cervello: miliardi di neuroni interconnessi, senza un centro decisionale assoluto, ma capaci di generare coscienza, pensiero, emozione, apprendimento. È il sistema complesso per eccellenza, capace di adattarsi, cambiare, evolversi.

Se vuoi saperne di più ho scritto un altro articolo con numerosi esempi: Sistema complesso o complicato? Ecco le differenze.

Ora che ha capito più o meno cosa sia un sistema posso passare ad un argomento nevralgico per comprendere cosa sia una comunità.

Sei pronta/o?

Sto parlando di una delle più importanti caratteristiche di un sistema complesso.

La gerarchia.

Cosa è la gerarchia.

“Quindi, osservano i naturalisti, una pulce
ha pulci più piccole di cui è preda;
e queste ne hanno di più piccole ancora che le mordono, e così si va avanti ad infinitum.
 – Jonathan Swift, poeta del XVIII secolo

Nel processo di evoluzione e aumento della complessità, molti sistemi che si auto-organizzano tendono a generare strutture stratificate.

In altre parole, la natura e anche le organizzazioni umane (che sono anch'esse natura) si dispongono in livelli di sistemi all’interno di altri sistemi.

Pensa a una cellula del fegato: fa parte di un organo, che a sua volta è parte del corpo umano, che a sua volta è parte di una rete familiare, sociale, professionale.

Tutti questi insiemi possono essere inseriti in sistemi ancora più ampi, come una città, una nazione, fino all’intera biosfera.

Questa struttura multilivello prende il nome di gerarchia.

Non nel senso di comando autoritario, ma come forma di organizzazione naturale e funzionale.

La troviamo ovunque: negli ecosistemi, nei corpi viventi, nei sistemi economici, nei gruppi sociali, perfino nei modelli aziendali o militari.

Perché?

Perché una gerarchia ben progettata permette ai sottosistemi di funzionare in relativa autonomia, gestendo le proprie dinamiche interne e contribuendo allo stesso tempo alla stabilità del sistema più ampio.

Il livello superiore, invece, svolge una funzione di coordinamento e coerenza tra le parti.

Quando questa coerenza regge, l’intero sistema può evolvere in modo resiliente e armonico.

Quando invece un livello domina o schiaccia gli altri, si rompono gli equilibri e il sistema si indebolisce.

Ed è proprio qui che subentra il concetto di comunità.

Cos’è la comunità: una gerarchia dei sistemi complessi.

La comunità non è quindi solo un sistema complesso, ma anche una gerarchia.

È un insieme dinamico e multilivello fatto di individui, coppie, famiglie, gruppi informali, reti amicali, collettivi, associazioni, spazi pubblici, luoghi di mutuo appoggio e così via.

Tutti questi sottosistemi sono interconnessi fra loro e condividono uno scopo che va oltre la somma delle singole parti.

Ma prima di proseguire, voglio offrirti una definizione di comunità che difficilmente troverai nei libri di testo.

Anche in quelli più approfonditi.

Anzi, ti dirò di più: in molti si sbagliano su cosa sia davvero una comunità.

Non ci credi?

Te lo dimostro subito.

Secondo l’Enciclopedia Treccani, la comunità è:

(ant. communità) s. f. [dal lat. communĭtas -atis «comunanza», der. di communis «comune1»]b. Insieme di persone che hanno comunione di vita sociale, condividono gli stessi comportamenti e interessi; collettività: fare gli interessi, il bene della comunità; c. nazionale, etnica; c. familiare, la famiglia; c. scientifica, il complesso degli studiosi che appartengono a un determinato ambito di ricerca; c. linguistica, i cui membri condividono lo stesso sistema linguistico; c. virtuale, quella che unisce gruppi di utenti di Internet, definita più tecnicamente community (v.); arme di c. sono dette, in araldica, quelle degli stati, regioni, province, città e comuni.

Questa definizione, per quanto dettagliata e formalmente corretta, resta secondo me incompleta.

Incompleta perché non tocca il nodo centrale: cos’è che rende una comunità davvero tale?

E per rispondere a questa domanda, basta partire proprio dall’etimologia proposta nella definizione stessa: dal latino communĭtas -atis, “comunanza”, derivato di communis, “comune”.

La comunità è dunque, più semplicemente, un insieme di persone che hanno qualcosa in comune.

Quando ho ideato il mio Mycelium Method©, ho voluto indagare se esistesse una gerarchia all’interno di ciò che viene condiviso.

In altre parole: esistono elementi più determinanti di altri nel generare un senso di comunità?

Quel "qualcosa in comune" che abbiamo con altri membri di una comunità ha una gerarchia di importanza? Ci sono elementi più importanti di altri?

La mia risposta è stata, e resta: sì, assolutamente!

Se approfondisci alcuni dei lavori di Robert Cialdini (tra i più autorevoli studiosi di marketing e persuasione), vedrai che conferma come le persone si avvicinino per affinità anche minime.

Siamo più inclini a fidarci di chi ha le nostre stesse iniziali del nome, di chi viene dalla nostra stessa città, o di chi ha la nostra stessa età.

Anche una piccola similitudine può rafforzare un legame.

Tuttavia, seppur affascinanti, questi studi, che offrono una panoramica illuminante e d'insieme sui meccanismi umani, non colgono però il cuore del problema.

La verità è che le persone attribuiscono un peso diverso alle varie affinità.

Esiste una gerarchia nella percezione della somiglianza.

E questa cosa ho potuta io stesso testarla, come faccio sempre, in quasi 10 anni di lavoro (cioè da quando me ne sono reso conto).

E in cima a questa gerarchia non ci sono l’età, la geografia o il linguaggio.

Ci sono la visione e i valori che essa contiene.

Non starò qui a dilungarmi sugli altri fattori di similitudine o sulle numerose leggi naturali che spingono in questa stessa direzione (semmai inserirò qualche link di approfondimento a fine articolo).

Ci vorrebbe un intero libro solo per mapparli tutti. E infatti l’ho fatto: nel manuale del mio Mycelium Method©, precisamente nelle Premesse Epistemologiche, ho tracciato con cura queste dinamiche.

Quello che però ti serve davvero sapere, qui e ora, è questo: la più alta e potente forma di aggregazione sociale è la visione del mondo condivisa – e i valori che ne sono parte integrante.

Prova a pensarci così: due persone che amano entrambe la band Sigur Rós possono tranquillamente ritrovarsi al loro concerto e vivere un’esperienza intensa e gioiosa insieme.

Ma se poi emergono visioni del mondo profondamente diverse, quel legame si rivelerà fragile.

E tanto più sarà distante la visione, più sarà incolmabile questa distanza.

Ciò significa che una comunità di persone può essere tale anche per interessi comuni, ma sono legami (interconnessioni) troppo deboli per durare nel tempo.

Se si vuole costruire una comunità davvero forte è coesa c'è bisogno di un altro tipo di energia ed interconnessioni.

Cos’è la comunità: le interconnessioni forti e deboli.

Per capire cosa rende solida una comunità nel tempo, dobbiamo parlare di interconnessioni.

Ogni sistema complesso è tale proprio perché fatto di elementi che interagiscono tra loro.

Ma non tutte le interconnessioni sono uguali.

Nella teoria dei sistemi complessi (ma anche nella sociologia delle reti), si distinguono interconnessioni forti e interconnessioni deboli.

Le prime (nei sistemi adattivi umani) sono quelle relazioni basate su legami profondi, fiducia reciproca, visione condivisa, cooperazione duratura.

Le seconde sono più superficiali: si basano su interessi momentanei, su contatti occasionali, su convenienze temporanee.

Entrambe sono di vitale importanza per un sistema.

Sai perché?

Perché le interconnessioni forti creano la struttura portante su cui l’intero sistema si regge — come il tronco di un albero.

Le interconnessioni deboli, invece, sono quelle che mantengono il sistema dinamico, flessibile, permeabile al cambiamento — come le radici più esterne dell’albero, o i rapporti occasionali che esso intrattiene con le altre specie che si riparano sotto le sue fronde.

Avere un equilibrio funzionale tra queste due forme di relazione aumenta, come potrai ben immaginare, la resilienza complessiva del sistema.

Ora che hai questa infarinatura molto basica ma fondamentale posso passare al passo successivo.

Il perché quasi la totalità delle comunità sono morte o stanno morendo.

Come ho già spiegato nel primo paragrafo, la comunità è un sistema complesso.

Ma non solo: è anche un livello gerarchico emergente, che si viene a creare quando altri sottosistemi si sono stabilizzati (attenzione: questa non è l’unica condizione attraverso cui una gerarchia si forma, ma è senz’altro una delle più frequenti nei sistemi viventi).

Ciò significa che la comunità emerge quando l'insieme di elementi fra cui famiglie, coppie, individui, ecc. hanno un legame forte fra loro.

E quando hanno un legame forte fra loro?

Lo abbiamo visto proprio nel paragrafo precedente!

Quando due persone hanno una interconnessione forte, la più potente di tutte?

Quando sono avvicinate da una visione simile di come dovrebbe essere il mondo.

Ciò significa che una comunità sorge quando un insieme di elementi fra cui famiglie, coppie, individui, ecc. sono mosse da una visione simile del mondo.

Questa è in realtà la storia dei nostri territori.

Le comunità nascevano quando persone che vivevano difficoltà ordinarie e straordinarie in un territorio, e trovavano un modo collettivo di risolverle.

Difficoltà nel raccolto agricolo, difficoltà nel trovare un partner ideale, ecc.

Man mano che quelle comunità si sono stabilizzate, sono cresciute fino a diventare le grandi metropoli e città che oggi possiamo visitare.

FIno a diventare i paesi e le frazioni di cui oggi facciamo parte.

Ok, Lorenzo ho capito tutto, ma perché dici allora che stanno morendo se tutti/e ne facciamo parte?

Ed è qui che ora subentrano i veri problemi: le interconnessioni deboli.

Perché le comunità sono morte.

Mentre in passato le comunità erano un’espressione organica dell’auto-organizzazione dei sistemi viventi, oggi – soprattutto a causa della globalizzazione e del capitalismo – hanno perso la loro identità.

Ma aspetta un attimo. Devo fare una premessa, altrimenti questo passaggio rischia di risultare poco chiaro.

Pronto/a?

Come ho già spiegato nei paragrafi precedenti, una comunità è il risultato dell’auto-organizzazione di più elementi interconnessi: famiglie, coppie, individui, gruppi informali.

Quindi una comunità si forma solo quando tra questi elementi esistono interconnessioni forti.

Ora, cosa accade a un sistema complesso come una comunità quando le sue interconnessioni si rompono?

Succede che il sistema collassa. Crolla su se stesso.

Ed è proprio questo che stiamo vivendo oggi: una crisi sistemica senza precedenti, dovuta al crollo progressivo – e sistematico – della rete di interconnessioni forti costruita in centinaia di anni di evoluzione sociale.

Ecco perché oggi non funzionano più le manifestazioni, il dibattito politico, le mobilitazioni collettive, la vendita di prodotti “innovativi”, la comunicazione valoriale delle aziende.

Le comunità sono morte.

E sono morte perché l’individuo si è scollegato da sé stesso.

Oggi viviamo esistenze separate dalla nostra visione del mondo, dai nostri valori più profondi, dai nostri reali obiettivi esistenziali.

E questo scollegamento interiore ha inevitabilmente compromesso anche i livelli gerarchici superiori che componevano la struttura “comunità”.

È un po’ come se le cellule di un organismo non rispondessero più all’intelligenza del corpo.

Il risultato è una società fatta quasi esclusivamente di interconnessioni deboli.

Le persone non hanno più legami significativi fra loro.

Non prendono decisioni collettive sulla gestione degli spazi in cui vivono.

Non partecipano.

Delegano.

E nel contesto di un sistema economico capitalista, l’unica cosa che resta da fare è: lavorare, quasi tutto il giorno.

Gli esempi di comunità ormai morte.

Per renderti conto delle conseguenze concrete di questa situazione, lasciami fare un esempio.

Pensa alle ultime elezioni negli Stati Uniti, dove si sono sfidati Donald Trump e Kamala Harris per la presidenza.

Al di là del ruolo giocato dal presidente uscente “democratico” Joe Biden, il cui operato ha probabilmente danneggiato la candidatura della Harris, la maggior parte di influencer, divulgatori, artisti, creator si è schierata pubblicamente a favore di lei.

Eppure, Harris ha perso.

Perché?

Perché queste persone, per quanto visibili, non hanno costruito interconnessioni forti con il proprio pubblico.

Con la propria community.

Le persone non li seguono perché condividono la loro visione del mondo o i loro valori profondi, ma semplicemente perché li trovano intrattenenti, stimolanti o “utili”, per distrarsi, informarsi o, più spesso, per acquistare qualcosa.

Questa è la normalità nel sistema attuale.

Aziende che creano relazioni per vendere.

Influencer e divulgatori che costruiscono audience solo per ottenere potere e visibilità.

Colleghi che fanno networking per avanzare di carriera.

Siamo circondati da relazioni strumentali, orientate al profitto e all’utilità immediata, non da relazioni profonde, generative, trasformative.

Se ti sembra un’esagerazione, prova a chiederti: cosa succederebbe se queste persone non potessero più monetizzare ciò che fanno?

Quanti smetterebbero di “fare comunità” domani mattina?

È una situazione gravissima, anche se molti faticano a rendersene conto.

Abbiamo costruito un intero sistema sociale ed economico composto quasi esclusivamente da interconnessioni deboli.

E in un sistema complesso, quando le connessioni forti si perdono, il risultato è uno solo: il collasso.

Cos’è la comunità: Ma allora perché avanzano i fascismi?

A questo punto potresti porti una domanda legittima.

Se è vero, Lorenzo, che non esistono più interconnessioni forti…

Perché i movimenti autoritari, le destre radicali, i populismi stanno avanzando ovunque con così tanta forza?

Bella domanda.

E la risposta non è semplice.

Ma a mio parere ci sono due motivazioni centrali.

1. Fame di identità

In un mondo fatto di connessioni deboli, gli esseri umani restano biologicamente e culturalmente affamati di identità. Hanno bisogno di appartenenza, di un senso di coerenza tra ciò che sono e ciò che li circonda.

Come ho spiegato nel primo paragrafo, i sistemi complessi hanno un obiettivo, una funzione o uno scopo, e persone con obiettivi simili (visioni io le chiamo) si avvicinano fra loro in modo forte.

E qual è il tipo di identità più facilmente disponibile oggi?

Quella che è più coerente con il sistema capitalista dominante: individualismo, competizione, superiorità, ordine, tradizione, autorità.

È questa coerenza che rende le ideologie autoritarie così pericolosamente attraenti: si incastrano perfettamente con la struttura del sistema esistente.

2. Tradimento della visione collettiva

La seconda ragione è più politica.

I movimenti di “sinistra” o comunque progressisti, quelli che storicamente avrebbero dovuto proporre visioni alternative, hanno tradito i propri valori fondanti.

Si sono lasciati corrompere culturalmente, economicamente e simbolicamente dal modello capitalista che dicevano di voler superare.

Il risultato?

Le persone non si riconoscono più nei loro linguaggi, nelle loro proposte, nei loro ideali.

E soprattutto: non sentono più alcuna connessione profonda con la loro visione del mondo.

Anzi, molti percepiscono che anche quella “visione” è diventata una strategia per arricchirsi privatamente, non per trasformare collettivamente (lo stesso vale per la maggior parte delle aziende, per non dire tutte).

In un sistema complesso, lo scopo è la forza che più di tutte orienta l’evoluzione.

E se lo scopo è il profitto, tutto ciò che non lo facilita viene espulso, marginalizzato, distrutto.

Chi ha valori diversi da quelli del sistema dominante si trova oggi escluso, frammentato, scollegato, incapace di trovare altri simili, di costruire comunità forti, di incidere.

Non è quindi un caso se strumenti storici di aggregazione come manifestazioni, scioperi, spazi pubblici, assemblee oggi non funzionano più.

Le persone:

  • non hanno tempo nemmeno per sé stesse, figurarsi per una lotta collettiva;

  • non credono più nei valori che dovrebbero mobilitarle;

  • non si sentono più parte di un “noi”.

Il capitalismo e la globalizzazione hanno smontato, negli anni, ogni legame profondo, lavorando in modo sistematico sulle fondamenta: educazione, scuola, cultura, media, linguaggio.

Hanno trasformato i dibattiti politici (interconnessione forte) in spettacoli da bar televisivo (interconnessione debole).

Hanno svuotato di senso i movimenti sociali.

Hanno banalizzato ogni forma di resistenza, rendendola una caricatura o una moda da vendere (vedi il rap, lo skate, lo street basket, il punk, ecc.).

Oggi cambiare il sistema è quasi impossibile, se non si cambia prima il modello che lo tiene in vita.

Cos’è la comunità: come ricostruirle.

Questa è una domanda che mi sono sempre chiesto.

Come si fa a ricostruire un sistema complesso, una comunità quando tutti i sottosistemi sono al collasso?

Innanzitutto devo fare due precisazioni.

La prima è di tipo strutturale e la seconda temporale.

In primis è doveroso da parte mia condividere qual'è la mia prassi nel creare sistemi complessi funzionanti.

Generalmente quando qualcosa funziona in un sistema, cerco sempre di preservarlo o di migliorarlo.

Ma mai o poi mai di "buttarlo via".

Ciò significa che se ci fosse qualcosa di buono nel sistema capitalista dovrei cercare di rafforzarlo piuttosto che eliminarlo dall'equazione.

Il problema però che noi stiamo vivendo è fortemente temporale.

Nel senso che l'epoca problematica che stiamo vivendo è sempre più forte e soprattutto sempre più esponenziale.

Significa che ogni anno non sarà poco peggio rispetto all'anno precedente, ma esponenzialmente peggiore.

Vuol dire che la crisi ecologica sta galoppando a velocità stratosferica, talmente veloce che noi non ci rendiamo conto del burrone nel quale stiamo già dentro.

Non lo dico tanto per dire.

Io sono molto più negativo (o realistico forse?), di tanti miei colleghi o studiosi di sistemi ecologici (e anche loro, soprattutto scienziati, sono molto negativi!).

Per me siamo già nella merda fino al collo, solo che non essendo una esplosione visibile quella che stiamo affrontando, non la percepiamo come tale.

Invece per me che lavoro con i sistemi ecologici da quasi vent'anni (sono stato presidente della prima azienda biologica in Italia di Apicoltura – per approfondire vedi la mia storia), e allo stesso tempo anche con i business nel campo della sostenibilità, mi rendo conto della gravità della situazione in cui siamo.

Non c'è più tempo.

Fare oramai il cambiamento in modo indolore è impossibile.

Pensi che le guerre che stiamo vivendo siano solo per ego?

Sono anche e sopratutto per avere nuove posizioni di potere e strategiche in vista delle crisi ecologiche che stiamo vivendo.

Si sta formando un nuovo "ordine" mondiale fatto di nazioni e stati che vogliono sopravvivere.

Questa è una risposta omeostatica del sistema capitalista che vuole sopravvivere.

La stessa Green Economy (come spiego approfonditamente in questo articolo: Perché la Green Economy non è un modello sostenibile.) è un modo che ha il sistema capitalista per sopravvivere ai cambiamenti che stanno avvenendo.

Quindi l'unico modo che abbiamo oggi per provare a salvarci è ricostruire piccole comunità.

Un nuovo modello costruito a reti decentralizzate (che è il modo di progettare della natura, altro che capitalismo!), dove ogni nodo porta innovazione e ispirazione agli altri.

In un circolo virtuoso straordinario.

E il problema che non c'è tempo per aiutare tutti.

Non c'è tempo per fare un percorso culturale lungo e spesso fatto di percorsi individuali profondi.

Potevamo pensare di avere tutto questo 30 anni fa, oggi è già troppo tardi.

Perché continuiamo a voler salvare chi non vuole essere salvato?

Perché continuiamo a sprecare una mole enorme di energie per aiutare chi ha scelto il proprio piccolo vantaggio invece del bene comune?

É tempo ormai di cambiare rotta.

É tempo che chi ha visione, competenza e una mente integrata, le metta al servizio non più di tutti, ma delle persone simili.

Della propria comunità.

Quello che stiamo vivendo oggi ha un nome preciso: la tragedia dei beni comuni.in presenza di una risorsa condivisa, ogni utilizzatore beneficia direttamente del suo uso, ma condivide i costi del suo abuso con tutti gli altri.

La conseguenza è il sovra sfruttamento della risorsa che conduce all'erosione della stessa finché diventa indisponibile per tutti.

Quindi basta.

Basta alibi.

Basta dare il nostro talento a tutti.

Ognuno di noi ha una scelta da fare delle responsabilità di assumersi.

Perché siamo soli e nessuno verrà a salvarci.

È ora di dare forza alla biodiversità e fare in modo che il sistema attraverso l'evoluzione decida chi è più adatto.

Non so dire se io sarò tra quelli, ma una cosa è certa: non sprecherò mai più altro tempo, energie e resilienza dei miei simili in cambio di superficialità, mediocrità e passività.

Il tempo delle mancanze di responsabilità è finita.

Ora o si cresce o si muore.

E finalmente ora sapete che cos'è l'entropia.

Che cosa è anche la natura.

Cos’è la comunità e perché sono morte: Bibliografia e link.

Lorenzo Valentini – La fine del capitalismo

Per comprendere in chiave narrativa e sistemica l’origine della crisi attuale e la necessità di ricostruire comunità decentralizzate.

Scarica gratuitamente o con donazione

Donella H. Meadows – Thinking in Systems: A Primer

Una delle opere fondamentali per comprendere la teoria dei sistemi complessi, la struttura delle gerarchie e i feedback.

Pensare per sistemi

Zygmunt Bauman – Community: Seeking Safety in an Insecure World

Una critica alla retorica della comunità nelle società liquide e iperindividualizzate.

Vai alla scheda

Arne Næss – Deep Ecology: Living as if Nature Mattered

Riflessioni sulla relazione fra individui, natura e valori sistemici.

Risorsa su deep ecology

Murray Bookchin – The Ecology of Freedom

Teoria dell’ecologia sociale e critica radicale al capitalismo come distruttore di reti comunitarie.

Scheda del libro

Ivan Illich – Deschooling Society

Una riflessione sistemica sulle istituzioni moderne e il loro ruolo nella disgregazione delle comunità.

Wikipedia scheda Illich

 

Vuoi rigenerare il pianeta?
Lo hai appena fatto!

L'host su cui è ospitato il mio sito web produce oltre il 300% di energia e tutta da fonti rinnovabili. Questo sito ha inoltre piantato 1 albero l'anno.

Altri articoli per te.

Per uscire dalla crisi climatica stiamo utilizzando gli stessi modelli e valori che l'hanno creata. Non te lo sentirai dire spesso ma un business non esiste per vendere. Un business esiste per dare alle persone gli strumenti necessari ad essere davvero felici. La vendita, come l'equilibrio del pianeta, sono solo dirette conseguenze di questo comportamento.

Se guardi solo
l’albero, finirai
perso nella foresta.

Se guardi solo l’albero, finirai perso nella foresta.
Tutto è un sistema: piante, business, società… persino tu. I batteri hanno plasmato l’atmosfera, gli alberi comunicano attraverso le radici, i venti modellano i deserti. Ma se tutto è un sistema, perché nessuno ti ha mai insegnato a leggerlo? Senza giri di parole: Systemic Flow ti mostra come funziona il mondo. Perché chi non capisce il sistema, ne subisce inevitabilmente le sue regole.
Tutto è un sistema: piante, business, società… persino tu. I batteri hanno plasmato l’atmosfera, gli alberi comunicano attraverso le radici, i venti modellano i deserti. Ma se tutto è un sistema, perché nessuno ti ha mai insegnato a leggerlo? Senza giri di parole: Systemic Flow ti mostra come funziona il mondo. Perché chi non capisce il sistema, ne subisce inevitabilmente le sue regole.