Impara a progettare con le stesse strategie della natura con Systemic Flow.
Scopri le mie strategie per creare un business rigenerativo che porti reale valore la comunità e al pianeta.
AI e sostenibilità: davvero ci salverà la tecnologia?
Hai un progetto o una idea e vuoi trasformarla in un business rigenerativo?
Iscriviti gratuitamente e accedi immediatamente ai miei contenuti premium. Cosa potrai scaricare:
- i miei sistemi di progettazione per costruire dalle tue passioni un business rigenerativo straordinario, in grado di restituire risorse ed energie per la comunità e il pianeta.
- il mio ebook "La felicità è una cosa seria" da leggere in 30 min.
AI e sostenibilità: davvero ci salverà la tecnologia? L’Intelligenza Artificiale è ovunque: promette di rivoluzionare il lavoro, risolvere le crisi ambientali, ottimizzare i processi. Ma è davvero questo il futuro che ci aspetta? Nel sistema capitalistico in cui viviamo, l’AI è già diventata uno strumento per aumentare la produttività, non per diminuire il lavoro. Essa è uno strumento e come tale risponde agli obiettivi del sistema che l'ha creata e che soprattutto la usa. Spesso a darle forma sono visioni transumaniste, che vogliono superare i limiti umani invece che riconoscerli. In questo articolo, smonto l’illusione della tecnologia come salvezza.
Perché se non cambiamo il sistema, ogni innovazione, anche l’AI, non farà altro che accelerarne il collasso.
AI e sostenibilità: non è la prima volta che ci vendono un futuro migliore
Non so se te l’ho mai raccontato.
Sai qual è uno dei motivi per cui oggi, con grande amore, faccio il designer?
Quando ero bambino, mia madre mi portava spesso con sé in tipografia, dove lavorava nel reparto estero di alcune importanti aziende del settore.
Vivevamo in una zona che un tempo, era un vero e proprio polo della stampa e della tipografia.
E d’estate, finita la scuola, invece di stare a casa con una babysitter (che costava troppo), finivo lì con lei, tra inchiostri, rotative e scrivanie piene di fogli colorati.
Erano giornate lunghe, a volte noiose per un bambino, ma oggi le ricordo con affetto profondo.
Ricordo ancora il profumo della colla, la stanza del programmatore tappezzata di floppy disk, il rumore ipnotico dei plotter che sfornavano le prove di stampa.
Un mondo vivo, fisico, artigianale.
Un’esperienza che ha segnato la mia formazione.
E che ha acceso in me quella passione per il progetto e il dettaglio che non mi ha mai abbandonato.
Ok Lorenzo, bella storia… ma che c’entra con l’AI?
Aspetta un attimo, ci arrivo.
Tra tutti quelli che lavoravano in azienda, ce n’era uno che brillava per visione e innovazione.
Si chiamava Bruno ed era il programmatore.
Uno dei più quotati e ricercarti nella zona.
Era uno dei primissimi, in quegli anni, ad avere un Mac per lavorare (e all’epoca costava una fortuna!).
Quel computer gli permetteva di fare lo stesso lavoro dei suoi colleghi, ma sai in che modo?
Nella metà del tempo.
E con maggiore precisione.
Era una vera rivoluzione.
Nel mondo della stampa, il computer aveva accelerato i processi, aumentato la personalizzazione, ridotto drasticamente i tempi e i costi di produzione.
Un salto quasi epocale, paragonabile per impatto e portata, a quello che oggi viviamo con l’Intelligenza Artificiale.
Chi usava un computer poteva, almeno in teoria, avere più tempo libero.
Si hai capito bene!
Se io Lorenzo, ipoteticamente sono un dipendente di una azienda ed acquisto un macchinario che mi permette di svolgere la mia mole di lavoro in metà tempo… allora quell’altra metà del tempo, teoricamente, dovrei poterla spendere come desidero.
Stare con la mia famiglia, per coltivare passioni, per rallentare il ritmo.
Per vivere, insomma.
Ma proviamo, anche solo per un attimo, a ragionare secondo la logica capitalista.
Immaginiamo che non sia io a comprare quel macchinario, ma l’azienda per cui lavoro.
E supponiamo anche che questa azienda, come la maggior parte, sia immersa in un sistema che la spinge a crescere ogni anno, quantitativamente.
In questo contesto, sarebbe ingenuo pensare che tutto il tempo “liberato” grazie al nuovo strumento possa essere restituito al lavoratore.
Diciamo allora che almeno una parte di quel tempo, anche solo una frazione, diventi mia.
Che io possa davvero usarla come desidero.
Sarebbe già un progresso, no?
Eppure, sappiamo bene come funziona: quella frazione non arriva mai.
Quello che accade davvero è che quel tempo non viene liberato.
Sai invece che succede?
Che viene riempito.
Riempito da nuove mansioni, da nuove aspettative, da nuovi carichi di lavoro.
Perché quel tempo risparmiato, se viene occupato da nuovo lavoro, nuovi processi, nuovi clienti, ecc. diventa rispetto agli altri un vantaggio competitivo.
Quella stessa tecnologia che doveva semplificare, snellire, alleggerire… diventa un acceleratore di produttività.
Il tuo output si moltiplica, e con lui si moltiplicano anche le richieste, le consegne, gli obiettivi.
Il tempo “guadagnato” non è tuo.
È quindi del sistema.
Quella che sembrava una promessa di libertà diventa un altro vincolo, un’altra gabbia.
Più dorata, più efficiente ma pur sempre una gabbia.
AI e sostenibilità: una tecnologia è neutra ma non lo è il modello che la utilizza.
Ecco perché è fondamentale capire una cosa: una tecnologia non è mai neutra, anche se in teoria potrebbe esserlo.
Perché ogni strumento, ogni innovazione, viene plasmata e utilizzata, in base agli obiettivi del sistema in cui nasce.
E oggi, quel modello ha un obiettivo che si chiama profitto.
Questo vuol dire una cosa molto semplice, ma spesso ignorata: se una tecnologia vuole sopravvivere nel mercato, deve generare vantaggio competitivo.
Deve servire a produrre di più, in meno tempo, con meno costi.
A risolvere più facilmente i problemi (la domanda è sacrificando cosa?)
Altrimenti viene scartata, superata e marginalizzata.
Facciamo ora un salto nella nostra attualità: l’Intelligenza Artificiale.
Non serve girarci intorno: a livello tecnologico è una delle innovazioni più potenti della storia.
Un salto quantico nella capacità di elaborazione, previsione ed ottimizzazione.
Ma proprio per questo, rientra perfettamente nel meccanismo che ho appena descritto.
Oggi non usare l’AI significa estinguersi.
Significa restare indietro rispetto a migliaia di aziende che riescono a fare il tuo stesso lavoro, nella metà del tempo.
E quindi alla metà del costo.
Forse non alla stessa qualità, su questo ho ancora molti dubbi, ma sicuramente con una capacità produttiva infinitamente superiore.
E attenzione: mentre oggi i mille guru che fanno corsi su come si utilizza l’AI ti promettono un vantaggio competitivo, domani sarà semplicemente lo standard minimo di sopravvivenza.
Una soglia obbligata per restare nel gioco.
E sai cosa accadrà?
Che quella promessa iniziale, “l’AI ci farà lavorare meno”, si trasformerà, come sempre, in una trappola.
Non lavoreremo meno.
Saremo solo costretti a produrre di più per non essere espulsi dal mercato.
Soprattutto se chi utilizza questa tecnlogia non solo ha una fede cieca verso il profitto e quindi il capitalismo, ma verso un'altra religione.
Sai di cosa sto parlando?
Dai davvero non lo sai?!
Ma del Transumanesimo.
AI e sostenibilità: Il transumanesimo l’altra religione del potere.
Una visione del mondo che non ha nulla a che fare con l’umano, se non nel desiderio di superarlo.
Qui su wikipedia puoi leggere la sua definizione.
Il transumanesimo è quella corrente ideologica che crede che l’evoluzione naturale sia superabile, che i limiti biologici siano solo un errore da correggere, che la tecnologia debba integrare, potenziare, sostituire la nostra carne e la nostra coscienza.
È la religione del superamento.
Del controllo totale.
Del corpo 2.0.
Non è un caso che molti dei principali attori dietro lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale e delle tecnologie emergenti siano apertamente vicini a questa visione.
Gente che parla di upload della coscienza, di immortalità digitale, di fusione tra uomo e macchina come se fosse la naturale prossima tappa dell’evoluzione.
Ma attenzione: non è solo fantascienza.
È un progetto politico, economico e culturale.
Un’ideologia con risorse, potere e infrastrutture già operative.
Un’ideologia che considera la natura un ostacolo, lo studio dell'etica un rallentamento, l’umano un difetto da correggere.
E qui, vedi, la tecnologia non è più solo uno strumento.
Diventa il fine.
Io stesso non avrei mai creato l'intelligenza artificiale per il semplice fatto che non fa parte della mia visione del mondo e dei miei valori.
Malgrado la sappia utilizzare per necessità, e malgrado sia uno strumento neutro, non fa parte del mio pensiero di come dovrebbe essere il mondo.
Ma c’è un’altra grande promessa che accompagna l’avvento dell’Intelligenza Artificiale.
Sto parlando del reddito universale garantito.
Un’entrata mensile, automatica, per “sopravvivere” in un mondo dove il lavoro umano sarà sempre più inutile.
Un’idea apparentemente progressista, ma che, se osservata da una prospettiva sistemica, rivela una pericolosa illusione di libertà.
Perché in un sistema dove nulla è stato trasformato, né il modello economico, né la distribuzione del potere, né la visione culturale, il reddito universale diventa solo un altro strumento di controllo.
Entra in scena quello che potremmo chiamare oggi "feudalesimo digitale".
Un’epoca in cui non possiedi più nulla: non possiedi la tua musica, perché è in streaming;
non possiedi una casa, perché è in affitto o con un mutuo trentennale;
non possiedi i tuoi dati, perché li hai ceduti in cambio di intrattenimento;
non possiedi competenze, perché sono diventate automatizzate (ma con meno qualità);
e persino la tua sopravvivenza economica è concessa sotto forma di abbonamento.
Sei diventato utente di tutto, proprietario di niente.
E come ogni abbonamento, può essere sospeso, condizionato, revocato.
Se non rispetti le regole del sistema.
Se non aderisci alla visione dominante.
Se osi mettere in discussione il funzionamento del castello digitale in cui vivi.
Nel Medioevo c’erano i signori feudali.
Oggi ci sono le piattaforme, le multinazionali tech, le grandi banche dati, le istituzioni automatizzate.
E tu sei il servo.
Solo che invece di lavorare la terra, scrolli, accetti termini, lasci tracce, consumi.
E se ti danno un reddito, non è per libertà.
Ma per avere maggior controllo.
La stessa moneta, al contrario di quel che si pensa, era stata inventata proprio per questo motivo – puoi approfondire questo argomento nella mia pagina FAQ: Domande Frequenti.
Ah niente complottismo (non mi ha mai appassionato)! Puoi leggere queste cose in qualsiasi libro di storia.
Non stiamo quindi entrando in un’era di emancipazione.
Stiamo solo digitalizzando la nostra prigione.
Perché la prigione digitale non ha più bisogno di sbarre.
Ha bisogno solo della tua dipendenza funzionale: dalla piattaforma che usi per lavorare, per parlare, per muoverti, per comprare.
E quando tutto è mediato da un’infrastruttura che non controlli, la tua libertà diventa una concessione, non un diritto.
La moneta stessa, non nasce come simbolo neutro di scambio, ma come strumento per garantire controllo e centralizzazione.
La sua introduzione, e la progressiva abolizione del baratto, dei beni comunitari e delle economie relazionali, ha rappresentato uno dei più grandi cambiamenti sistemici della storia umana: trasformare ogni relazione in valore quantificabile, ogni valore in potere, ogni potere in debito.
E ora siamo solo all’ennesimo stadio evolutivo di questo processo.
La moneta è diventata algoritmo.
Il debito è diventato connessione.
La sorveglianza è diventata servizio.
Il futuro?
Non sarà fatto di catene. Sarà fatto di abbonamenti.
Pagherai per tutto: l’acqua, l’aria, l’attenzione, i dati, la compagnia, l’identità.
E in cambio riceverai qualcosa che somiglia molto alla sopravvivenza, ma ben poco alla vita.
La resa dei conti.
AI e sostenibilità: davvero quindi la AI ci salverà ?
Perché il problema, alla fine, non è l’Intelligenza Artificiale.
Il problema è sempre lo stesso: il sistema che la genera, la governa, la usa.
Leggi il mio articolo per rendertene conto: Perché la Green Economy non è un modello sostenibile.
Un sistema che non ha come fine la vita, la comunità, la rigenerazione.
Ma il controllo, la competizione, l’accumulazione.
Ci raccontano che l’AI ci libererà dal lavoro.
Ma chi possiede gli strumenti, chi gestisce le infrastrutture, chi decide cosa vale e cosa no… è sempre lo stesso.
Ci dicono che avremo un reddito per tutti.
Ma nel frattempo non possediamo più nulla.
Né la casa, né il software, né le parole che scriviamo.
Tutto è in abbonamento, tutto è affittato.
Le nostre comunità con le sue relazioni forti sono state distrutte dal capitalismo e la globalizzazione.
Rendendo ogni singola connessione e relazione debole e superflua.
Benvenuti nel feudalesimo digitale.
Un mondo dove l’AI è la nuova moneta del potere.
Dove la libertà è concessa solo a chi resta dentro il perimetro delle piattaforme.
Dove perfino la sopravvivenza sarà un servizio erogabile, o disattivabile, da remoto.
E allora no, non ci salverà la tecnologia.
Non se non cambiamo prima la visione, i valori, gli obiettivi.
Non se non smontiamo il sistema che trasforma ogni innovazione in un’arma contro l’umanità.
Perché una cosa ormai è chiara: non esiste una AI con valori umani in un sistema profondamente disumano.
In un sistema che ci usa come merce.
Bisogna a mio parere aderire ad un'altra religione.
Quella di non avere religioni.
Perché oggi la vera religione dominante è il tecnocapitalismo.
Una fede cieca nel progresso, nella crescita infinita, nella tecnologia come estensione dell’umano, o peggio, come suo superamento.
Ma se vogliamo davvero essere liberi, dobbiamo abbracciare il limite.
Dobbiamo accettare la morte come leva di differenziazione, come soglia sacra della trasformazione.
Non come fallimento da eliminare.
Perché è proprio la morte, il decadimento, la fine, a generare biodiversità, evoluzione, rinnovamento.
E invece noi cosa vogliamo?
Diventare Dio.
Rendere l’essere umano immortale.
Superare il corpo, i bisogni, i legami.
Costruire intelligenze artificiali in 50 anni… mentre la natura ci ha messo milioni di anni per creare noi.
Non stiamo evolvendo.
Stiamo accelerando verso l’estinzione, convinti che basti un aggiornamento per salvarci.
Ma non siamo algoritmi.
Siamo carne, respiro, relazione.
Siamo l’intelligenza caotica della vita.
Non dobbiamo evolverci in macchine.
Dobbiamo solo ricordarci di essere vivi.
Tecnologia ≠ Sostenibilità: sfatiamo il mito.
C’è un grande equivoco che circola da decenni: che tecnologia significhi automaticamente progresso, ed evoluzione significhi automaticamente sostenibilità.
Ma se ci pensi bene, anche una bomba atomica è una tecnologia.
Anche una trivella nel mare lo è.
Anche un algoritmo che distrugge milioni di posti di lavoro è tecnologia.
La tecnologia non è né buona né cattiva.
È uno strumento, un’estensione del nostro pensiero, una forma di relazione tra esseri umani e ambiente.
E come ogni strumento, prende forma all’interno di una cultura.
Non è la tecnologia in sé a essere il problema.
È il modello culturale che la progetta, la finanzia, la diffonde e la utilizza.
E oggi quel modello si chiama capitalismo.
In un sistema fondato sulla crescita infinita, sulla competizione e sull’estrazione, la tecnologia non verrà mai usata per ridurre l’impatto.
Verrà usata per estrarre di più, più in fretta, più a lungo.
Anche le tecnologie “verdi”, come le auto elettriche o i pannelli solari, se inserite nello stesso sistema, finiscono per essere armi di colonizzazione, nuovi strumenti estrattivi, nuove filiere tossiche.
Perché diciamocelo chiaramente: se lo scopo delle aziende automobilistiche fosse davvero creare un’auto ecologicamente sostenibile, l’avrebbero già fatta.
Ma non è questo il loro obiettivo.
Il loro obiettivo è ridurre l’impatto ma senza ridurre le vendite.
Anzi: possibilmente aumentandole.
E qui sta il nodo sistemico della questione.
Non stiamo risolvendo i problemi perché la loro soluzione non è mai stata parte dell’obiettivo.
Il vero obiettivo è mantenere in vita il sistema com’è.
Renderlo più vendibile, più digeribile, più “green friendly”.
Non metterlo in discussione.
E quindi via con le auto elettriche, i brand sostenibili, i voli “carbon neutral”.
Tecnologie nuove, problemi vecchi.
Finché non cambiamo lo scopo del sistema, ogni innovazione sarà solo una nuova faccia dello stesso collasso.
E poi ricordiamolo: anche l’aratro è tecnologia.
Anche la ruota lo è.
Anche le pratiche indigene di permacultura, la fermentazione, la costruzione in terra cruda, lo sono.
Ma oggi, in nome della “transizione tecnologica”, abbiamo messo tutto questo in un angolo.
Come se esistesse una sola strada per evolvere.
Come se il futuro fosse fatto solo di chip, algoritmi e automazione.
Ma forse, per sopravvivere, dobbiamo tornare a progettare strumenti in relazione con la vita, non contro di essa.
Perché la vera innovazione non è quella che corre più veloce.
È quella che sa fermarsi al momento giusto.
Che sa riconoscere il limite come alleato, non come nemico.
Che non vuole conquistare il mondo, ma esistere in relazione.
In relazione con se stessa e la natura.
Perché noi siamo natura.
Altri articoli per te.
Per uscire dalla crisi climatica stiamo utilizzando gli stessi modelli e valori che l'hanno creata. Non te lo sentirai dire spesso ma un business non esiste per vendere. Un business esiste per dare alle persone gli strumenti necessari ad essere davvero felici. La vendita, come l'equilibrio del pianeta, sono solo dirette conseguenze di questo comportamento.