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Domande
Frequenti

Progettazione sistemica

Chi è Lorenzo Valentini? Perché dovremo lavorare insieme?

Non sono un consulente che applica modelli standardizzati o promette crescita veloce.

Sono uno stratega rigenerativo del business: un progettista sistemico che lavora con persone, organizzazioni e comunità per ripristinare coerenza tra identità, visione e forma d’azione.

Un esperto in sistemi complessi e progettazione evolutiva.

Vengo dal campo: da oltre 20 anni sono imprenditore, e solo dopo ho scelto di accompagnare altri.

Prima di proporre una strategia, la metto alla prova su me stesso.

I miei fallimenti sono il mio laboratorio: è lì che il metodo si rafforza, si adatta, evolve.

Il mio lavoro si fonda su una premessa sistemica semplice: quando un sistema (una persona, un’impresa, una comunità) è allineato alla propria funzione evolutiva, diventa più stabile, più resiliente e meno dissipativo.

In altri termini: funziona meglio, perché è coerente con la propria natura e la funziona di tutto il sistema.

Il Mycelium Method© che ho sviluppato unisce:

  • teoria dei sistemi complessi, biologia, cibernetica, ecologia, fisica, branding, comunicazione.

  • progettazione ecologica,

  • apprendimento esperienziale (learning by doing),

  • osservazione profonda dei modelli adattivi della natura.

Perché dovresti scegliere me?

Forse non dovresti.

Dovresti scegliere solo se senti che parliamo la stessa lingua, che abbiamo la stessa visione del mondo e gli stessi valori. 

Io non cerco clienti.

Cerco relazioni che fanno bene al sistema.

👉 Se vuoi approfondire l'argomento → vai alla sezione Chi Sono

In che modo possiamo lavorare insieme?

Sia che tu abbia solo un'idea (o neanche quella) o un business già avviato, possiamo iniziare a lavorare insieme.

Questo significa entrare in relazione e co-evolvere all’interno di un sistema. Non si tratta di applicare un pacchetto preconfezionato, ma di innescare un processo rigenerativo, calibrato sulla tua unicità e sul contesto in cui operi.

Partiamo sempre da un dialogo esplorativo gratuito, dove iniziamo a osservarci come elementi di un ecosistema in potenza. Se percepiamo risonanza, co-progettiamo il percorso.

Il Mycelium Method© è articolato in sei step non lineari, ma adattivi, pensati per:

  • (Re)immaginare l’identità e il posizionamento del tuo progetto come linea evolutiva viva, partendo dai valori e dalla visione che hai del mondo;

  • Allineare struttura interna, immaginari sensoriali e forme di comunicazione in modo olistico;

  • Costruire relazioni profonde e simili, partendo da valori condivisi, non da metriche estrinseche.

Il metodo è circolare, evolutivo, sistemico e soprattutto non capitalista.

Se vuoi, iniziamo con una call conoscitiva, per capire se siamo parte della stessa rete di senso.

👉 Se vuoi approfondire l'argomento → vai alla sezione Agenzia

In cosa consiste la progettazione?

Nel Mycelium Method©, progettare non significa solo costruire un piano, ma attivare un sistema vivente.

Significa imparare a vedere e a pensare il tuo business o progetto come un organismo: fatto di interconnessioni, cicli, adattamento e rigenerazione. Non è un processo che faccio io al posto tuo: è un percorso che viviamo insieme, in cui impari a progettare mentre progettiamo.

In modo molto concreto, prepariamo il terreno su cui accendere il fuoco.

Il primo passo è costruire la struttura identitaria del tuo progetto – il business plan – partendo da un’idea o da un’attività già avviata. In questa fase, elaboriamo insieme:

  • il modello di business che rispecchia i tuoi valori e le tue scelte: potrai comprendere in profondità se stai operando dentro un modello capitalista tradizionale o stai sperimentando un approccio rigenerativo e non capitalista (un business realmente sostenibile non può partire dagli stessi obiettivi del capitalismo), e quali implicazioni questo comporta;

  • gli obiettivi nel breve e lungo periodo, in coerenza con la direzione che desideri dare al tuo progetto;

  • la strategia di comunicazione, per raccontare in modo chiaro e autentico il tuo lavoro e coinvolgere le persone giuste.

  • Imparerai a fare tutto questo attraverso il metodo del learning-by-doing: impari a progettare progettando attivamente. Si parte da esercizi guidati e poi da spiegazioni successive teoriche quando necessario. Saremo sempre guidati prima dall'esperienza e poi dall'analisi, mai il contrario.

Non solo creerai un progetto che funziona, ma imparerai a farlo in autonomia, ogni volta che ne avrai bisogno nel corso della tua vita. Il mio scopo: fare in modo che tu non abbia più bisogno di me.

Cosa rende questo percorso diverso?

  • Costruiamo insieme l’identità sistemica del tuo progetto, dalla visione al modello operativo, come un genotipo che si traduce in un fenotipo concreto.

  • Definiamo relazioni autentiche, non semplici transazioni, con clienti, partner e comunità.

  • Utilizziamo strumenti visivi, strategici e digitali, inclusa l’intelligenza artificiale di OpenAI, che ti insegnerò a usare per potenziare le tue capacità di analisi e progettazione.

  • Esploriamo i modelli della natura, come la biomimesi e l’auto-organizzazione, per ispirare soluzioni adattive e resilienti nel tuo progetto.

  • Valutiamo la fattibilità economica e le potenzialità di finanziamento, creando un PDF completo del progetto pronto da presentare a banche, fondazioni o partner.

  • Analizziamo insieme criticità e punti di forza, soprattutto se il tuo business è già avviato e ha bisogno di un riposizionamento.

In sintesi:

Non si tratta solo di creare qualcosa che funziona oggi. Si tratta di apprendere un nuovo modo di essere progettista della realtà, capace di riconoscere i sistemi di cui fai parte e di agire con consapevolezza.

Progettare, in questa prospettiva, significa pensarsi come parte di un ecosistema complesso, non come un’entità separata in cerca di successo a tutti i costi.

Questo è il cuore del Mycelium Method©: un approccio che unisce visione, competenza pratica e strumenti per diventare indipendente e consapevole, qualunque sia la strada che deciderai di percorrere.

👉 Se vuoi approfondire l'argomento → vai alla sezione Agenzia

Devo avere già un business per iniziare a progettare?

No.

Non è necessario avere un business già avviato per iniziare.

Il Mycelium Method© è progettato per accompagnare sia chi ha solo un’intuizione o un desiderio iniziale, sia chi ha già un progetto attivo ma sente il bisogno di rigenerarlo, riallinearlo o dargli una forma più coerente con ciò che è diventato nel tempo.

La progettazione non parte dal business.

Parte da te, come sistema vivente.

Dalla tua visione del mondo, dalla tua traiettoria evolutiva, dalle domande che ti attraversano, dalle possibilità che stanno cercando forma.


Cosa serve per iniziare?

Non servono business plan, branding, target o funnel (li creeremo durante il percorso di identità).

Serve solo:

  • una tensione reale,

  • una visione da chiarire,

  • e la disponibilità a guardare alla progettazione come processo di emersione, non come costruzione dall’esterno.

Il Mycelium Method© ti guida a costruire un ecosistema coerente a partire da chi sei, e a generare un progetto che abbia senso prima ancora che valore economico.

In sintesi

Non serve avere un business. Serve avere un perché.

Un’intuizione, una visione, un’urgenza che non trova forma nei modelli tradizionali.

Il metodo serve esattamente a questo: dare forma vivente a ciò che non si lascia incasellare.

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Come è strutturato il percorso di progettazione e consulenza?

1.  Primo incontro (gratuito)

Un dialogo aperto, senza pressioni. Ci ascoltiamo.

Io cerco di capire dove sei, cosa ti muove, cosa ti blocca.

Ed insieme capiamo se risuoniamo.

2. Preventivo personalizzato (presentato in un secondo incontro, gratuito)

Dopo il primo incontro, progetto un preventivo su misura, basato su:

  • il livello di complessità del sistema da attivare,

  • il tipo di accompagnamento necessario (strategico, visivo, relazionale),

  • le risorse e i tempi sostenibili.

Lo presento in un secondo incontro, dove possiamo discuterlo in trasparenza.

Dopo quell’incontro, sei totalmente libero di scegliere se proseguire o meno.


Se decidiamo di iniziare:

3. Briefing iniziale + accesso al form strategico

Ti accompagno nella comprensione del percorso e ti consegno uno strumento di auto-esplorazione profonda: un form composto da circa 60 domande strategiche, da compilare in autonomia.

Non ti spiego cosa “dovresti” scrivere. Il mio obiettivo è che tu impari a pensare in termini sistemici già nel rispondere.


Fase di co-progettazione: incontri settimanali

Ci vediamo circa una volta a settimana (o al massimo ogni due), per:

  • integrare le tue risposte e visioni in un sistema coerente,

  • raddrizzare il tiro con esercizi, domande e pratiche,

  • mantenere focus e continuità di flusso.

Ogni incontro è un passaggio di apprendimento.

Il mio scopo non è “fare il lavoro per te”, ma renderti capace di utilizzare in autonomia il sistema di progettazione (ricordati che sarai tu lo stratega del tuo business).


Fase finale: definizione piano finanziario + ostacoli sistemici

Quando la struttura progettuale è definita, lavoriamo su:

  • la costruzione di un piano finanziario sostenibile, coerente con la visione e i tempi del progetto;

  • l’analisi delle problematiche strutturali (interne o esterne) che oggi impediscono la realizzazione del progetto, e la definizione di come affrontarle nel breve e nel lungo termine. A volte viene aggiunta una fase di definizione dei piani alternativi qualora il progetto non funziona (aumentano la resilenza del progetto).


Consegna del progetto finale

A fine percorso, riceverai un documento PDF completo, che contiene:

  • la visione e il posizionamento del progetto (genotipo),

  • la sua espressione concreta e comunicativa (fenotipo),

  • il modello economico e le criticità sistemiche da tenere sotto osservazione.

Un sistema vivente, pensato per restare vivo.

Non un piano da eseguire, ma una mappa che evolve con te.

Durata del percorso di progettazione: fortemente variabile. Secondo la mia esperienza in 20 anni — dai 3 agli 8 mesi.

👉 Se vuoi approfondire l'argomento → vai alla sezione Agenzia

Quanto costa un processo di progettazione di un business?

Il costo di un percorso con il Mycelium Method© non è standardizzato, perché ogni progetto è unico, e ogni sistema complesso ha bisogno di tempi, profondità e accompagnamento diversi.

La proposta economica viene costruita su misura, dopo un primo colloquio conoscitivo gratuito e un secondo incontro di restituzione.


Una scelta di coerenza, non di mercato

Il mio approccio si fonda su un principio chiaro: non collaboro con multinazionali né grandi aziende, perché credo in un modello di società fondato su piccole realtà interconnesse, resilienti e autonome, non su concentrazioni di potere e scala.

Le mie tariffe, spesso più accessibili rispetto alla consulenza tradizionale, non riflettono una minore competenza, ma una scelta politica e sistemica.

Lavoro con chi condivide la mia visione del mondo, anche se dispone di risorse limitate, perché è con queste persone e realtà che è possibile costruire un’alternativa reale.


Cosa stai pagando davvero

In Italia, un business plan tradizionale (basato su modelli esistenti e senza componente educativa) può costare dai 5.000€ ai 15.000€.

Questi modelli spesso non ti rendono autonomo, né ti insegnano a pensare in modo sistemico.

Il Mycelium Method©, invece:

  • ti accompagna in un processo formativo rigenerativo,

  • ti fornisce strumenti concreti e replicabili nel tempo,

  • ti educa alla progettazione sistemica autonoma,

  • e ti aiuta a costruire un progetto coerente con chi sei, non con il mercato.


Trasparenza fiscale

Il 45% del costo del servizio è destinato alle imposte: non rappresenta il mio compenso, ma garantisce legalità, sostenibilità amministrativa e corretto funzionamento della mia attività.


Validità della proposta economica

Ogni proposta è valida per 3 mesi dalla sua presentazione.

Ad oggi, ad esempio, una proposta inviata l’11 settembre 2025 sarà valida fino all’11 dicembre 2025.


In sintesi

Il costo di un percorso non è un prezzo fisso:

è una scelta condivisa di tempo, cura e trasformazione.

E riflette il valore di un lavoro fatto per restare, non per vendere.

👉 Se vuoi approfondire l'argomento → vai alla sezione Agenzia

Chi sono le persone con cui lavoro? E che tipo di problemi risolvo?

Lavoro con persone, imprese e comunità che non si riconoscono più nei modelli dominanti.

Sono imprenditori, professioniste, progettisti, organizzazioni culturali o sociali che:

  • si sentono incoerenti tra ciò che fanno e ciò che sono;

  • hanno un’intuizione forte ma faticano a trasformarla in un sistema concreto e sostenibile;

  • vogliono costruire qualcosa che generi valore reale, non solo economico;

  • cercano un modo di fare impresa o attivismo che non sacrifichi la loro salute, identità o etica.

Non risolvo problemi “tecnici” in senso tradizionale.

Aiuto le persone a riconoscere e trasformare le disfunzioni sistemiche nei loro progetti: dispersione, incoerenza, burnout, stagnazione, perdita di senso.

Attraverso il Mycelium Method©, accompagno processi di:

  • ri-allineamento identitario (chi sei, cosa fai, perché lo fai),

  • progettazione sistemica (struttura, offerta, linguaggi, relazioni),

  • trasformazione strategica (non solo come crescere, ma come evolvere).

In sintesi: non offro soluzioni pronte, ma strumenti per riattivare un sistema vivente che funzioni meglio, con meno sforzo e più senso.

👉 Se vuoi approfondire l'argomento → vai alla sezione Agenzia

Quali servizi offri dopo la progettazione del business?

Dopo la fase di progettazione sistemica, il lavoro può evolvere verso la manifestazione del fenotipo del progetto:

cioè la sua forma visibile, sensoriale e relazionale nel mondo.

Nel linguaggio della biologia, il fenotipo è l’espressione concreta di un genotipo in un determinato ambiente.

Allo stesso modo, nel Mycelium Method©, la fase successiva alla progettazione consiste nel dare forma coerente alla tua identità attraverso strumenti comunicativi, esperienziali e digitali.

Ecco i principali servizi che offro in questa fase:


Creazione dell’identità sensoriale e visiva

Traduciamo la tua visione in un sistema percettivo coerente, capace di comunicare chi sei prima ancora delle parole.

Lavoriamo su:

  • linguaggio visivo (logo, palette, tipografia, composizione),

  • tono sensoriale (immagini, suoni, ritmi, texture),

  • coerenza tra elementi visivi e struttura profonda del progetto.


Progettazione del sito web

Costruiamo un ambiente digitale che funzioni come un’estensione vivente del tuo progetto, non come una semplice vetrina.

  • Architettura dell’informazione basata su percorsi cognitivi e sensoriali;

  • Copywriting sistemico e orientato alla relazione;

  • Interfacce che facilitano orientamento, profondità e immersione.


Costruzione dell’ecosistema comunicativo

Non progettiamo “contenuti”, ma sistemi di senso che mettano in relazione la tua identità con i tuoi simili.

Questo include:

  • strategie relazionali (newsletter, podcast, contenuti ad alto valore evolutivo), sponsorizzazioni con metodologia non capitalista,

  • progettazione di cicli comunicativi rigenerativi,

  • guida all’autonomia nella comunicazione (no dipendenze da agenzie).


In sintesi: non mi fermo alla strategia. Ti accompagno fino a quando il tuo progetto si manifesta come un sistema coerente, sensoriale e riconoscibile.
Quanto dura un percorso di progettazione?

La durata è fortemente variabile.

Non esiste un pacchetto fisso o una tempistica standard, perché ogni progetto è un sistema vivente, e come ogni sistema vivente ha tempi diversi di maturazione, assimilazione e trasformazione.

In base alla mia esperienza in oltre vent’anni di lavoro, un percorso di progettazione può durare dai 3 agli 8 mesi.

Questo tempo non è legato alla quantità di incontri, ma alla profondità del processo:

  • alla complessità del progetto,

  • al livello di chiarezza iniziale,

  • alla disponibilità della persona o del team a stare nella trasformazione reale, non superficiale.


Perché non ci sono “pacchetti standard”?

Perché i sistemi complessi non si progettano con logiche industriali.

Si accompagnano, si leggono, si facilitano nel loro stesso ritmo di emersione.

Un progetto può attraversare soglie critiche, riscriversi, cambiare stato.

Il tempo non è un costo da ridurre, ma una parte strutturale del processo.


In sintesi

La progettazione con il Mycelium Method© dura quanto serve perché il tuo progetto diventi coerente, vivo e rigenerativo.

Non un minuto in meno, non una fase in più.

👉 Se vuoi approfondire l'argomento → vai alla sezione Agenzia

Perché il marketing etico non esiste?

Primo problema: l’etica non è un aggettivo.

Etico non significa “buono” o “giusto”.

L’etica è una disciplina filosofica che studia la morale, cioè i sistemi di valori e comportamenti considerati legittimi o desiderabili in una determinata cultura.

Quindi parlare di marketing etico non ha senso in sé, a meno che non si espliciti chiaramente a quale sistema di valori morali ci si riferisce.

Altrimenti, è solo un’etichetta funzionale: un modo per rendere il marketing più accettabile, senza trasformarne davvero il funzionamento.


Secondo problema: il marketing è, per definizione, lo strumento per vendere.

La parola stessa lo dice: market-ing → fare mercato.

Il marketing nasce per generare attenzione, desiderio, consumo.

Non è solo comunicazione: è l’organo strategico centrale di ogni azienda capitalista, perché serve ad ottimizzare la vendita per massimizzare il profitto.

Ecco perché la comunicazione aziendale, nel sistema attuale, è quasi sempre marketing travestito da dialogo: serve a vendere, non a generare relazione.


Ma in un sistema rigenerativo, la vendita non è il fine.

Vendere non può essere l’obiettivo centrale.

È una conseguenza naturale della costruzione di un sistema coerente con una visione del mondo.

La vendita, in questo contesto, è:

  • lo strumento che consente a chi crea di offrire strumenti di trasformazione a persone simili;

  • un processo simmetrico, in cui chi produce e chi acquista stanno contribuendo a costruire lo stesso orizzonte di senso;

  • un atto che non può fondarsi sull’estrazione o sulla leva della scarsità, ma sulla risonanza, sull’autenticità e sull’abbondanza sistemica.

In questo modello, lucrare diventa non solo eticamente problematico, ma sistemicamente controproducente.

Perché minerebbe la fiducia, la relazione e la visione condivisa che tengono in vita il sistema stesso.

👉 Se vuoi approfondire ho scritto un articolo dove smonto questi modelli di pensiero → Il marketing sostenibile non esiste. Nemmeno quello etico.

Come rendere sostenibile un’azienda?

La prima risposta che trovi ovunque è: misura l’impatto, riduci le emissioni, ottimizza i processi, certifica la filiera, ecc.

Ma il punto è un altro: un’azienda non diventa sostenibile perché aggiusta i suoi effetti, ma solo se ripensa il proprio funzionamento.

La sostenibilità non è un reparto. Non è un bollino. Non è nemmeno un bilancio.

È il risultato emergente di un sistema che funziona in coerenza con i suoi scopi, le sue relazioni e il contesto vivente in cui è immerso.

Per questo non basta “ridurre l’impatto”:

  • Serve ridefinire lo scopo dell’azienda: non il profitto, ma la funzione nel sistema (quindi è soprattutto il modello di business che crea la sosteniblità del business).

  • Serve riorganizzare le relazioni con clienti, fornitori, comunità e territorio.

  • Serve progettare il business come un ecosistema: connesso, adattivo, capace di rigenerare risorse e non solo estrarle.

Una vera azienda sostenibile non nasce da una strategia, ma da una trasformazione del modo in cui l’impresa si percepisce nel mondo.

E finché l’obiettivo resta crescere di più e più velocemente, nessuna ottimizzazione potrà bastare.

Come si crea un business non capitalista?

Per capirlo, bisogna smettere di pensare all’impresa come una macchina.

E iniziare a concepirla come un sistema vivente.

Nel paradigma capitalista, l’obiettivo di un’impresa è generare profitto. Questo non è un errore logico: è la funzione sistemica che le è stata assegnata.

E come ci insegna la teoria dei sistemi complessi, lo scopo di un sistema è la variabile che più di tutte determina il suo comportamento.

Se l’obiettivo è il profitto (e in particolare il profitto veloce), allora ogni altra funzione verrà subordinata o sacrificata in nome di quella principale.

 La mia intuizione: cambiare lo scopo cambia tutto

Questa è l’intuizione fondante del Mycelium Method©: un business è sostenibile non quando riduce il danno, ma quando ritrova la propria funzione nel sistema vivente.

Non esiste impresa senza uno scopo.

Ma possiamo scegliere se quello scopo sarà l’accumulazione, oppure l’espressione sistemica di una visione del mondo.

La mia ricerca, teorica e pratica, ha portato a una scoperta radicale: quando un’impresa nasce per esprimere la visione unica di chi la crea, entra naturalmente in uno stato di equilibrio dinamico e range di funzionalità.

Come spiego in questo articolo: Cos’è davvero la sostenibilità?

Esattamente come accade in natura.

Biodiversità economica = resilienza sistemica

In biologia, la biodiversità non è solo varietà.

È l’insieme di tutte le soluzioni viventi che un sistema ha elaborato per sopravvivere nel tempo.

Allo stesso modo, se ogni individuo, impresa o comunità crea sistemi economici non standardizzati ma coerenti con la propria funzione evolutiva, allora non otteniamo solo imprese sostenibili: costruiamo un’economia realmente rigenerativa, dove la molteplicità delle visioni diventa un fattore di resilienza collettiva.

Il profitto non scompare, ma cambia funzione

In un business non capitalista:

  • il profitto non è lo scopo, ma una conseguenza coerente di un sistema ben progettato, nasce con lo scopo di dare strumenti alle persone per costruire una visione collettiva dell'esistenza;

  • non è un indice di successo, ma un nutriente che consente al sistema di continuare a vivere;

  • non guida le scelte, ma le abilita solo quando sono allineate alla visione profonda.

Questa non è solo una teoria.

È una nuova forma di progettazione sistemica, testata, replicabile e profondamente umana.

Ed è ciò che rende il Mycelium Method© unico nel panorama italiano e internazionale.

Mycelium Method©

Che cos’è il Mycelium Method© e a cosa serve?

Il Mycelium Method© è la summa di 20 anni di imprenditoria e progettazione attiva nel mondo del business e delle associazioni. É un metodo di progettazione rigenerativa basato sulla comprensione profonda dei sistemi complessi viventi.

Non è solo un modello da applicare, né un percorso lineare da seguire.

È un metodo sistemico che ti aiuta a costruire un progetto, un’impresa o un ecosistema relazionale partendo da una condizione essenziale: la coerenza tra chi sei, ciò che vuoi generare nel mondo e il sistema che stai costruendo per farlo accadere.

Il Mycelium Method© nasce dall’osservazione del funzionamento dei sistemi ecologici, competenze di business design, biologia, cibernetica, teoria dei sistemi complessi, fisica quantistica, ecologia, sistemi sociali, comunicazione, ecc.


A cosa serve?

Il Mycelium Method© è il primo metodo di crescita progettuale dichiaratamente non capitalista.

Questo significa che non assume il profitto, la performance o la scalabilità come scopi principali.

Al centro non c’è la crescita per espansione, ma la generatività coerente con la tua linea evolutiva.

Non progetta per massimizzare risultati, ma per minimizzare incoerenze tra ciò che sei, ciò che fai, e l’effetto che generi.

Serve a:

  • Disegnare sistemi viventi, non modelli di business.

  • Costruire relazioni economiche simmetriche, non mercati di conversione.

  • Ritrovare un senso di direzione che abbia valore, anche se non è monetizzabile.

Crescita, in questo metodo, non significa scalare.

Significa approfondire le radici, aumentare complessità funzionale, costruire nodi di risonanza reale.


In sintesi, il Mycelium Method© ti aiuta a:

  • Uscire dalla logica estrattiva del business per costruire sistemi rigenerativi.

  • Trasformare desiderio, intuizione e identità in progettazione concreta.

  • Generare valore senza contraddirti, perché la coerenza è il vero valore sistemico.

👉 Se vuoi approfondire l'argomento [→ vai alla sezione Mycelium Method©]

Perché il Mycelium Method© è davvero sostenibile?

Perché ricolloca l’essere umano all’interno della propria funzione evolutiva, in coerenza con i principi dei sistemi viventi complessi, invece di assoggettarlo a logiche esterne come la massimizzazione del profitto.

Nel modello capitalistico dominante, la sostenibilità è spesso trattata come una “correzione” a posteriori: si ottimizzano i processi per inquinare meno, o si compensano gli impatti ambientali. Ma l’obiettivo resta invariato: crescere economicamente, il più velocemente possibile.

Per farlo, il sistema ha standardizzato persone, relazioni e modelli organizzativi, riducendo drasticamente la varietà – ovvero la biodiversità sociale e culturale – che è invece alla base della resilienza in ogni sistema complesso.

Il Mycelium Method si fonda su un presupposto diverso:

ogni persona è una linea evolutiva unica, portatrice di una visione del mondo diversa, e questa differenza è ciò che rende i sistemi adattivi, rigenerativi e capaci di evolvere.

  • La vera sostenibilità, quindi, non è solo ambientale o economica:
  • è sistemica.
  • È la capacità di una persona, di un’organizzazione o di un ecosistema di restare in equilibrio dinamico con la propria natura, il proprio scopo e il proprio contesto.

Il Mycelium Method attiva questo processo, generando sistemi coerenti con la vita, non con l’efficienza a breve termine.

👉 Se vuoi approfondire l'argomento [→ vai alla sezione Mycelium Method©]

Perché il Mycelium Method© è non capitalista?

Perché non sarà costruito per massimizzare il profitto nel minor tempo possibile, ma per ottimizzare il funzionamento complessivo del sistema di cui fai parte, a partire da te.

Nel modello capitalista tradizionale, l’obiettivo centrale è il profitto. E secondo la teoria dei sistemi complessi, l’obiettivo è l’elemento che più di ogni altro determina il comportamento del sistema (Meadows, Thinking in Systems).

Se l’obiettivo è esclusivamente economico, tutto – dalle persone ai prodotti – verrà orientato a quel risultato, anche a costo di generare inefficienze sistemiche nel lungo termine: stress organizzativo, sprechi di risorse, insoddisfazione personale, perdita di senso, rigidità.

È esattamente per questo che la cosiddetta “green economy” è, nella maggior parte dei casi, fallimentare:

tenta di misurare la sostenibilità di un sistema che è strutturalmente insostenibile.

Cerca di correggere gli impatti ambientali, ma lascia intatto il modello sottostante, basato su circuiti di feedback rinforzanti che mirano alla crescita illimitata.

E in un sistema dominato da retroazioni positive, non esistono equilibri stabili: ogni “soluzione” rischia di generare nuovi problemi altrove.

Il Mycelium Method cambia l’obiettivo: non il profitto, ma la coerenza tra chi sei e il contributo che puoi portare.

Quando una persona è allineata con la propria visione, il sistema spreca meno, comunica meglio, e genera valore rigenerativo, sia economico che relazionale e ambientale.

Un business plan costruito in questo modo è:

  • più efficiente perché lavora con la natura del sistema, non contro di essa, tenendo conto della sua auto-organizzazione;

  • più resiliente, perché ha limiti consapevoli e circuiti di retroazione correttiva;

  • più trasformativo, perché mette in circolo senso, non solo offerta.

In sintesi: non costruiamo qualcosa che funziona nel mercato. Costruiamo qualcosa che funziona nella vita. Non solo la tua, ma in quella dell'intero super organismo biosfera.

👉 Se vuoi approfondire l'argomento [→ vai alla sezione Mycelium Method©]

Posso usare il Mycelium Method© per un business già avviato?

Sì.

Il Mycelium Method© è pensato sia per chi sta iniziando un nuovo progetto, sia per chi ha già un’attività avviata ma sente che qualcosa non è più coerente, sostenibile o vitale.

Rigenerare un business significa fare molto più di un restyling o di una ristrutturazione strategica.

Significa rientrare nel flusso vivente del progetto, rileggere la sua struttura sistemica, individuare dove ha perso contatto con la sua visione originale, e ripristinare le condizioni per una nuova fase evolutiva.


Cosa succede quando si rigenera un business con il Mycelium Method©

  • Si smette di ottimizzare solo la performance e si comincia a osservare la coerenza interna del sistema.

  • Si rivedono obiettivi, ruoli, flussi, alleanze e linguaggi, non per cambiare “immagine”, ma per riattivare il senso profondo del progetto.

  • Si lavora sulle condizioni di vitalità, non sulla crescita fine a sé stessa.

Anche un progetto formalmente funzionante può essere biologicamente esausto, culturalmente disallineato o strutturalmente incoerente.

In questi casi, il Mycelium Method© ti aiuta a rileggerlo come sistema complesso vivente, e a identificare le soglie di trasformazione da attraversare per rigenerarne il potenziale.


In sintesi:

Sì, puoi usare il Mycelium Method© per rigenerare il tuo business.

A patto che tu sia disposto a non salvare tutto, ma a lasciar andare ciò che non serve più, per permettere a ciò che è vivo di emergere con una nuova forma.

La rigenerazione non è un processo cosmetico.

È una mutazione sistemica consapevole.

👉 Se vuoi approfondire l'argomento [→ vai alla sezione Mycelium Method©]

Qual è la logica sistemica alla base del Mycelium Method©?

Il Mycelium Method© si fonda su una logica sistemica vivente, ispirata ai sistemi complessi naturali e in particolare al micelio, la rete fungina che connette gli ecosistemi.

Questa logica non è lineare, non è meccanicistica e non mira all’efficienza estrattiva. È invece organica, adattiva e rigenerativa.

Al centro del metodo c’è l’idea che ogni progetto, persona o organizzazione sia un sistema complesso: un insieme di elementi interconnessi che perseguono una funzione o uno scopo, come affermato da Donella Meadows.


I pilastri della logica sistemica del metodo

  1. Ogni essere umano è biodiversità

    Ogni persona rappresenta una linea evolutiva unica, con uno scopo intrinseco. Il metodo parte dalla visione che ci abita (genotipo) per costruire un ecosistema coerente (fenotipo).

  2. La progettazione segue l’evoluzione naturale dei sistemi

    Come in natura, i sistemi si auto-organizzano dal semplice al complesso, passando da individuo a comunità, da nicchia a rete. Non si tratta di crescere velocemente, ma di aumentare complessità e coerenza.

  3. I simili si attraggono per costruire comunità resilienti

    Le persone con visioni simili entrano in risonanza attraverso una “gerarchia comunicativa”: visione → valori → linguaggio → forma. Il metodo crea sistemi capaci di attrarre chi condivide lo stesso mondo da costruire.

  4. I sistemi viventi si trasformano attraverso il feedback e il fallimento

    Il metodo è circolare e adattivo: si progetta, si testa, si analizza, si riprogetta. Il fallimento è leva evolutiva, non errore da evitare. È il modo in cui un sistema apprende e cambia stato.

  5. La sostenibilità emerge da una coerenza profonda, non da strategie correttive

    Non si tratta di rendere “green” un’impresa nata per il profitto, ma di progettare fin dall’inizio in armonia con i ritmi dei sistemi viventi: natura, comunità, economie relazionali.


In sintesi

La logica sistemica del Mycelium Method© è quella della biodiversità come intelligenza progettuale.

È un metodo che non impone modelli, ma ascolta ciò che è già vivo, e crea strutture capaci di farlo fiorire.

Il metodo non ti guida a “crescere”.

Ti guida a scoprire cosa sei e come diventare una versione più complessa, più coerente e più rigenerativa di te stesso – come persona, come impresa, come comunità.

👉 Se vuoi approfondire l'argomento [→ vai alla sezione Mycelium Method©]

Sostenibilità

Cos’è la sostenibilità?

In un sistema dinamico, la sostenibilità non è una condizione statica né un semplice equilibrio tra input e output.

È uno stato di equilibrio dinamico entro un range operativo funzionale, in cui il sistema può continuare a esistere, adattarsi e rigenerarsi nel tempo, senza compromettere la propria capacità di funzionare.

Un’analogia utile, proposta anche da Donella Meadows, è quella della vasca da bagno:

  • Il rubinetto rappresenta i flussi in entrata: risorse, energia, nutrienti, informazioni.

  • Lo scarico rappresenta i flussi in uscita: perdite, emissioni, rifiuti, dissipazione.

  • Il livello dell’acqua nella vasca rappresenta la capacità funzionale del sistema – cioè la quantità di risorse disponibili per far sì che il sistema possa operare in modo efficace.

Un sistema è sostenibile non quando i flussi si pareggiano, ma quando il livello dell’acqua resta entro un intervallo vitale: non troppo basso da impedire il funzionamento, non così alto da causare instabilità o collasso.

Questo intervallo si chiama range operativo sostenibile.

👉 Se vuoi approfondire ancora di più questo argomento ecco un articolo che ho scritto per te → Cos’è davvero la sostenibilità?

Che cos'è la sostenibilità spiegata ai bambini?

C’era una volta un piccolo villaggio in mezzo a una valle verde.

Si chiamava Villaggio Respiro, perché lì tutto respirava insieme: le persone, gli alberi, gli animali, perfino i sassi e le idee.

Gli abitanti del villaggio avevano un segreto: quando tagliavano un albero, ne piantavano due.

Quando prendevano l’acqua dal fiume, ne restituivano una parte al bosco.

Quando costruivano qualcosa, chiedevano sempre prima:

“Questa cosa farà bene solo a noi, o anche a tutto il resto?”

Così, ogni cosa che facevano non toglieva: nutriva.

E il villaggio cresceva piano, ma senza rompersi mai.

Un giorno arrivò un uomo da lontano.

Aveva fretta, grandi macchine e una valigia piena di promesse:

“Vi farò diventare ricchi e veloci! Basta seguire il mio piano.”

All’inizio, tutti corsero: tagliarono più alberi, presero più acqua, costruirono più cose.

Ma presto il fiume diventò stanco, gli alberi silenziosi, e le persone… anche loro iniziarono a non respirare più bene.

Fu allora che una bambina del villaggio si alzò in piedi e disse: “Abbiamo dimenticato come si respira insieme.”

Così il villaggio si fermò.

Raccolse semi, chiese scusa al fiume, ascoltò il vento.

E giorno dopo giorno, tornò a vivere come un sistema.

Secondo i talenti e le diversità di ognuno, ma mossi da un'unica visione: l'amore per se stessi, la comunità e la natura.

Sostenibile, perché coerente con la vita.

👉 Se vuoi approfondire ancora di più questo argomento ecco un articolo che ho scritto per te → Cos’è davvero la sostenibilità?

Sostenibilità: quando nasce?

La parola “sostenibilità” — per come viene usata oggi — ha una data di nascita ufficiale: il 1987, con il Rapporto Brundtland delle Nazioni Unite, dove viene definita come “uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere quelli delle generazioni future.”

Ma se ti fermi lì, rischi di cadere nel primo grande equivoco: pensare che la sostenibilità sia un concetto moderno, tecnico, e legato solo all’ambiente.

La verità è che la sostenibilità non nasce nel 1987.

La sostenibilità è una proprietà emergente di qualunque sistema complesso che funziona.

E in questo senso, la sostenibilità esiste da quando esiste la natura.

Un ecosistema che si rigenera, una comunità che evolve senza collassare, perfino un corpo umano in equilibrio sono sistemi sostenibili.

La natura non “persegue” la sostenibilità. La incarna.

Il problema è che quando il termine entra nel linguaggio istituzionale, viene estratto dal suo contesto sistemico e trasformato in una metrica da calcolare (grazie sopratutto a grandi aziende e multinazionali).

Nasce la sostenibilità come la conosciamo oggi: una narrazione di facciata che prova a rendere accettabile un sistema che resta insostenibile nel profondo.

Quindi la sostenibilità non nasce nel 1987.

In quella data nasce solo la sua versione semplificata e adattata al mercato.

Quali sono i 3 tipi di sostenibilità?

In ambito istituzionale, si parla spesso di tre “pilastri” della sostenibilità:

  1. Ambientale

  2. Sociale

  3. Economica

Questo schema, apparentemente equilibrato, è diventato lo standard con cui si cerca di rendere “compatibile” lo sviluppo economico con i limiti ecologici e le esigenze sociali. Ma c’è un problema:

questi tre ambiti vengono trattati come compartimenti separati, mentre nella realtà, che è sistemica, sono intrecciati e interdipendenti.

Inoltre, l’equilibrio tra i tre viene spesso usato per giustificare pratiche insostenibili, a patto che si “compensino” tra loro:

→ distruggo ambiente, ma creo posti di lavoro;

→ estraggo valore, ma faccio filantropia;

→ cresco economicamente, ma compenso con certificazioni.

Il risultato?

Una sostenibilità misurata a colpi di report, che racconta effetti ma non cambia le cause.

In un approccio sistemico e rigenerativo, la sostenibilità non si divide in tre settori, ma viene vista come una proprietà emergente di un sistema che funziona:

  • coerente con la vita,

  • adattivo,

  • interconnesso,

  • capace di rigenerare le risorse che consuma.

Quindi sì, ambientale, sociale ed economica sono le tre dimensioni più citate.

Ma la vera sostenibilità non si somma: emerge.

E quando non emerge, non è sostenibilità. È una narrazione di copertura.

Quali sono i 4 pilastri dello sviluppo sostenibile?

Nei documenti ufficiali e nei modelli accademici, lo sviluppo sostenibile viene spesso descritto come fondato su quattro pilastri:

  1. Ambientale

  2. Sociale

  3. Economico

  4. Culturale (introdotto in seguito da UNESCO per includere l’identità, la diversità e la conoscenza)

Questi quattro aspetti vengono presentati come aree distinte da tenere in equilibrio, come se bastasse distribuirci sopra un po’ di “sostenibilità” e tutto funzionasse.

Ma c’è un problema: un sistema complesso non è la somma delle sue parti.

La sostenibilità non è una questione di bilanciamento tra settori, ma una proprietà emergente dell’intero sistema.

Un’organizzazione può promuovere cultura, fare attività sociali e avere numeri economici positivi… ma se il suo modello di funzionamento è lineare, estrattivo o orientato al profitto, non sarà mai davvero sostenibile.

Il rischio di questi “quattro pilastri” è ridurre la complessità della vita a caselle da compilare in un report.

Eppure, nessun ecosistema ha un piano ambientale, un piano sociale e un piano culturale.

Ha solo coerenza interna. E vive.

Quindi sì: i quattro pilastri esistono, servono per semplificare.

Ma se non li ripensiamo in chiave sistemica, servono più a giustificare l’esistente che a trasformarlo.

Sostenibilità ambientale e Agenda 2030: cosa significa davvero.

La sostenibilità ambientale, secondo l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, è la capacità di tutelare gli ecosistemi e le risorse naturali nel tempo, garantendo che le generazioni future possano godere degli stessi benefici ambientali di oggi. È inserita all’interno dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs), che comprendono anche l’accesso all’acqua, la protezione della biodiversità, la lotta al cambiamento climatico e l’uso responsabile delle risorse.

Ma qui arriva il punto critico: questi obiettivi, pur nella loro importanza, non stanno funzionando.

Non perché siano scritti male, ma perché si basano su un presupposto falso: che si possa rendere sostenibile un sistema che, per sua natura, è insostenibile.

L’Agenda 2030 non mette in discussione le logiche che hanno portato al collasso:

– la crescita infinita,

– la standardizzazione,

– l’estrazione di valore,

– la separazione tra economia e vita.

Nel frattempo, la crisi ecologica accelera: perdita di raccolti, crollo degli ecosistemi, migrazioni climatiche. Stiamo andando verso un punto critico, e nessun piano lineare potrà evitarlo.

Per questo non basta parlare di sostenibilità ambientale.

Serve una trasformazione sistemica, non una tabella di marcia.

Serve progettare come fa la natura, non ottimizzare quello che l’ha distrutta.

👉 Se vuoi approfondire ancora di più questo argomento ecco un articolo che ho scritto per te → Business sostenibile: da lineare a circolare a rigenerativo.

Due esempi di non-sostenibilità “in equilibrio”.
  • Se il sistema mantiene input e output bilanciati, ma il livello dell’acqua è troppo basso → non è sostenibile: non ci sono margini adattivi, e basta un piccolo shock per far collassare tutto.

  • Se entra più di quanto esce, ma il sistema è già vicino al limite superiore → rischia di traboccare: è un sistema instabile, destinato a fallire per eccesso.


La sostenibilità sistemica, quindi:

  • non è riduzione dell’impatto, ma progettazione di coerenza funzionale tra struttura, obiettivi e flussi;

  • non si misura solo in quantità, ma in qualità delle relazioni tra le parti;

  • non è un obiettivo finale, ma una condizione emergente del buon funzionamento nel tempo.

Il Mycelium Method© lavora esattamente in questa direzione: progettare sistemi in cui visione, struttura e comportamento siano allineati,

così da mantenere il progetto entro un range sostenibile di espressione, adattamento e impatto.

La sostenibilità non ha niente a che vedere con l’ambiente.

È il contrario di ciò che solitamente si pensa.

La sostenibilità non riguarda l’ambiente — e anzi, ridurla all’ambiente è una semplificazione pericolosa.

La sostenibilità è uno stato "ideale" da raggiungere in cui l'ambiente rientra.

Nell’ottica dei sistemi complessi, l’ambiente non è un “ambito” separato dal resto, ma una dimensione interdipendente che esiste in relazione continua con il sociale, il culturale, l’economico, il biologico e il simbolico.

Quando parliamo di sostenibilità, non stiamo parlando di ambiente, ma di come funzionano i sistemi viventi — e quindi anche quelli umani, organizzativi, economici.

Un sistema è sostenibile se:

  • non consuma più risorse di quante riesce a rigenerarne,

  • rimane in equilibrio dinamico entro un range di funzionalità vitale,

  • non compromette la propria capacità di adattarsi ed evolvere nel tempo.

Questo vale per un’impresa, una comunità, una persona, un’economia.

E ovviamente vale anche per l’ambiente.

Ma l’ambiente è un effetto, non la causa della sostenibilità. Se progettiamo sistemi che funzionano bene — relazionalmente, energeticamente, eticamente — l’impatto positivo sull’ambiente è una conseguenza naturale.

Si può essere sostenibili senza essere rigenerativi?

Si può essere sostenibili senza essere rigenerativi?

Nel linguaggio comune, sì.

Ma in termini sistemici, no: un sistema è davvero sostenibile solo se è anche rigenerativo.

La parola rigenerativo è emersa proprio per distinguersi dalla sostenibilità “lineare” promossa dalla green economy: un’idea di sostenibilità che si limita a ridurre gli impatti, ottimizzare le risorse e “fare meno danno”.

Ma questa visione è reattiva, non trasformativa.

Non cambia il modello, lo rende solo più efficiente nei suoi limiti.

La rigenerazione, invece, implica che:

  • il sistema nutre il contesto di cui fa parte, anziché limitarne il danno;

  • le relazioni sono mutualmente rinforzanti, non solo bilanciate;

  • il valore generato supera il valore consumato, e questo avviene in modo adattivo, distribuito e vitale.

La rigenerazione non è un’aggiunta alla sostenibilità. È la sua forma pienamente sistemica.

Per questo, anche se il termine “sostenibile” è ancora valido,

il termine “rigenerativo” viene scelto per segnalare un cambio di paradigma:

da “fare meno peggio” a “partecipare alla vita”.

👉 Se vuoi approfondire ancora di più questo argomento ecco un articolo che ho scritto per te → Business sostenibile: da lineare a circolare a rigenerativo.

Le certificazioni sono sempre sinonimo di sostenibilità?

Questi strumenti (come società benefit, B-Corp, ecc.) cercano di inserire finalità etiche o ambientali nella struttura giuridica e strategica delle imprese. In sé, sono passi importanti.

Ma non sono garanzia di sostenibilità reale. Ecco perché:

  • Una Società Benefit può dichiarare uno scopo etico, ma continuare a operare con logiche estrattive e performative.

  • Una B Corp può superare un audit, ma basarsi su metriche parziali, decontestualizzate e talvolta autovalutative.

  • Entrambe non alterano l’obiettivo primario del sistema (profitto, crescita, competitività), e quindi agiscono come meccanismi omeostatici, mantenendo intatto l’impianto capitalistico.

La vera sostenibilità non si “certifica”: si pratica, si coltiva, si adatta nel tempo.

È una proprietà emergente della coerenza tra valori, struttura e comportamento.

Il problema è quindi il modello economico e di business: finché si persegue come scopo centrale il profitto il processo non può ne potrà mai essere sostenibile.

Capitalismo e Green Economy

Qual è l'obiettivo del capitalismo?

Il capitalismo è un sistema complesso che ha un obiettivo molto chiaro e focalizzato: accumulare profitto il più velocemente possibile.

Tutto il resto: produzione, innovazione, tecnologia, persino la sostenibilità: sono meri strumenti di profitto. 

Non importa cosa si produce, come lo si produce o a quale costo umano ed ecologico: l’importante è che generi più valore economico di quanto ne consuma.

Il presupposto di fondo è che il benessere derivi dall’accumulo.

Più ricchezza, più controllo, più efficienza.

Questo accade perché il capitalismo nasce come risposta alla paura dell’incertezza, alla variabilità della vita, alla paura della morte stessa (la paura madre di tutte le altre).

Ma per fare questo ha dovuto standardizzare i processi, le relazioni, perfino le persone.

Ci ha trasformati in risorse da ottimizzare, identità produttive da monetizzare.

Il problema non è solo etico.

È sistemico: un sistema che si basa solo su circuiti rinforzanti, cioè più produci, più devi crescere, è destinato a collassare.

L’obiettivo del capitalismo non è la vita.

È la crescita illimitata in un mondo che ha limiti.

E per questo non può ne potrà mai essere sostenibile.

👉 Se vuoi approfondire l'argomento → vai alla sezione del Libro "La fine del Capitalismo"

Che cos'è il capitalismo in parole povere?

Il capitalismo è un sistema economico e sociale in cui tutto ruota attorno al profitto.

Si basa su un’idea molto precisa: che il benessere dipenda dal denaro.

Questo significa che, in modo più o meno consapevole, chi vive dentro questo sistema impara una cosa sola:

se vuoi stare bene, devi accumulare.

Accumulare soldi, cose, status, efficienza, controllo.

E per farlo, devi competere, produrre, crescere. Sempre.

Il risultato è che ogni attività, anche quelle che potrebbero avere senso, bellezza o valore intrinseco, finisce per essere giudicata in base a quanto “rende”.

Se non genera profitto, non merita spazio.

Se non è veloce, non è utile.

Se non cresce, è sbagliata.

Così il capitalismo trasforma tutto in merce: le risorse naturali, il tempo umano, perfino le relazioni e le emozioni.

Funziona come un circuito che si alimenta da solo: più produci, più devi crescere. Più cresci, più consumi.

E questo è il suo problema più profondo: non conosce il limite, né l’equilibrio.

Insegue la crescita anche quando la vita chiede rallentamento, rigenerazione, connessione.

La sostenibilità è un limite al perseguimento dell'accumulo stesso di capitale, a meno che, essa non diventi strumento del capitalismo al fine di raggiungere proprio questo scopo in modo più efficiente. 

É con questa funzione che nasce la green economy e le certificazioni di sostenibilità.

👉 Se vuoi approfondire l'argomento → vai alla sezione del Libro "La fine del Capitalismo"

Quali sono le differenze fra comunismo e capitalismo?

Le differenze principali riguardano chi possiede i mezzi di produzione, come si distribuisce il valore e qual è lo scopo del sistema.

Nel capitalismo, il fine è l’accumulazione di profitto da parte di individui o imprese private.

Nel comunismo (teorico), il fine è la distribuzione equa delle risorse, attraverso la proprietà collettiva.

Ma qui è importante chiarire una cosa fondamentale: essere non capitalista non significa essere comunista.

Esistono (e possono esistere) molti altri modelli economici, che non si basano né sull’accumulazione privata né sul controllo centralizzato.

Modelli cooperativi, rigenerativi, sistemici, comunitari, oppure ibridi nuovi, ancora da inventare.

Il capitalismo e il comunismo sono solo due risposte storiche a una domanda più grande: come organizziamo la vita collettiva?

E forse oggi abbiamo bisogno di sistemi che imparino dalla vita stessa, non da ideologie del passato.

Il mio lavoro nasce proprio da qui: immaginare e progettare economie viventi, come la Mycelium Economy, che non si basano su obiettivi e strumenti completamente diversi dal profitto.

👉 Se vuoi approfondire l'argomento → vai alla sezione del Libro "La fine del Capitalismo"

👉 Se vuoi approfondire l'argomento → vai alla sezione Mycelium Method©

Chi fondò il capitalismo?

l capitalismo non è stato fondato da una sola persona, come una religione o una scuola filosofica.

È nato gradualmente, tra il XV e il XVIII secolo, come risultato di trasformazioni economiche, sociali e culturali in Europa.

Tuttavia, ci sono alcuni nomi e momenti chiave che hanno contribuito a costruirlo:

  • Adam Smith, filosofo scozzese del 1700, è considerato il “padre” teorico del capitalismo moderno. Nel suo libro La ricchezza delle nazioni (1776), ha descritto un sistema in cui il mercato si autoregola grazie alla “mano invisibile”, cioè l’interesse individuale che – secondo lui – genera beneficio collettivo.

  • Ma il capitalismo non nasce solo dalle idee, nasce dalle pratiche:

    • Lo sfruttamento coloniale,

    • la proprietà privata della terra,

    • la nascita delle banche e delle borse valori,

    • la trasformazione dei contadini in lavoratori salariati,

    • e soprattutto: la convinzione che accumulare ricchezza sia un fine legittimo.

In realtà, non è stato “fondato” da qualcuno, ma è emerso come un sistema vincente in un contesto di disuguaglianze crescenti e bisogno di controllo.

E da allora si è espanso in tutto il mondo, diventando il sistema dominante.

Ma oggi, che ha mostrato i suoi limiti sistemici ed ecologici, forse è il momento di immaginare altro.

👉 Se vuoi approfondire l'argomento → vai alla sezione del Libro "La fine del Capitalismo"

Come nasce il denaro e la moneta?

La versione tradizionale — che trovi in molti manuali di economia — sostiene che la moneta sia nata come evoluzione naturale del baratto.

Secondo questa visione, attribuita ad Adam Smith (La ricchezza delle nazioni, 1776), l’uomo avrebbe sempre cercato di scambiare beni per soddisfare i propri bisogni.

Quando lo scambio diretto (baratto) diventava troppo complicato, perché era difficile trovare qualcuno che volesse esattamente ciò che si offriva (e sopratutto in quel momento preciso), si sarebbe introdotto un mezzo di scambio universale : la moneta.

Questa teoria è semplice, intuitiva, ma storicamente infondata.

Cosa ci dice oggi l’antropologia economica?

Ricerche approfondite condotte da studiosi come David Graeber (Debt: The First 5000 Years) e altri antropologi mostrano che:

  • nessuna società complessa ha mai utilizzato il baratto come sistema centrale di scambio interno;

  • le economie arcaiche si basavano su reti di debito, reciprocità, relazioni sociali e sistemi di dono, non sullo scambio mercantile;

  • la moneta nasce in contesti di istituzionalizzazione del debito, come strumento per misurare, imporre e riscattare obblighi (es. tasse, tributi, schiavitù, lavoro militare o pubblico).

In molti casi, la moneta si sviluppa all’interno di strutture statali o imperiali, in parallelo alla nascita di gerarchie e sistemi coercitivi.

Non è una soluzione spontanea dei mercati, ma uno strumento tecnico di controllo economico e politico.

Cosa ha fatto quindi Adam Smith?

Adam Smith non ha fondato il capitalismo, ma ha fornito la base teorica per legittimarlo.

Con la sua narrazione della moneta come invenzione razionale e della libera concorrenza come processo naturale, ha trasformato concetti culturali e storici in miti economici.

In sostanza, ha sostituito la complessità dei sistemi sociali reali con un modello astratto, individualista e universalizzabile, perfettamente funzionale all’architettura del capitalismo.

Perché è importante?

Perché questa narrazione — ancora oggi insegnata — occulta la natura relazionale ed ecologica degli scambi umani.

Ci fa credere che:

  • la moneta sia neutra,

  • il mercato sia naturale,

  • l’economia sia semplicemente l’incontro tra domanda e offerta.

Comprendere come nasce significa mettere in discussione l’intero impianto capitalista e aprire la strada a forme economiche più relazionali, sistemiche e rigenerative.

👉 Se vuoi approfondire l'argomento → vai alla sezione del Libro "La fine del Capitalismo"

Cos'è il greenwashing?

Il termine “greenwashing” presuppone che esista un modello economico generalmente sostenibile, al cui interno alcune imprese deviano, fingendo coerenza ecologica solo a livello comunicativo.

Ma questa premessa non regge alla prova sistemica.

Se la stragrande maggioranza delle imprese opera secondo logiche di massimizzazione del profitto, crescita illimitata e ottimizzazione estrattiva, allora non si tratta più di una deviazione.

Si tratta del funzionamento normale del sistema.

In termini di teoria dei sistemi complessi, il greenwashing non è un’anomalia, ma un meccanismo omeostatico:

una strategia con cui il sistema adatta la propria immagine per mantenere invariata la propria struttura e il proprio obiettivo.

Per questo motivo, non possiamo più parlare di greenwashing come fenomeno isolato.

Dovremmo chiamarlo per quello che è: capitalismo vestito di verde.

Non è un trucco. È un sintomo del modello stesso.

👉 Se vuoi approfondire ancora di più questo argomento ecco un articolo che ho scritto per te → Significato Greenwashing: cos'è e come combatterlo. La Guida Definitiva.

👉 Se vuoi approfondire ancora ecco un altro articolo che ho scritto → Cos’è la sostenibilità ambientale: e perché non esiste.

Perché il significato di impatto zero è un’illusione pericolosa?

1. Impatto zero come “bilancio netto zero” (flussi che si equivalgono)

Questa è l’interpretazione più comune, soprattutto nella comunicazione aziendale o nei framework ESG:

Le emissioni, i rifiuti, i consumi vengono “compensati” da azioni di assorbimento o rigenerazione.

Esempi: pianto alberi per compensare la CO₂, compro crediti di carbonio, riutilizzo materiali.

In questo caso, impatto zero è una semplificazione contabile, spesso fittizia, perché:

  • ignora i tempi reali di rigenerazione (es. una foresta cresce in decenni, l’emissione è istantanea),

  • non modifica la struttura del sistema produttivo (rimane estrattiva, ma “compensata”),

  • crea un’illusione di neutralità che legittima la continuità del modello.

È una gestione superficiale dei flussi, non una trasformazione sistemica.


2. Impatto zero come “nessuna entropia” (nessuna dissipazione, nessuno scarico)

Questa è un’interpretazione fisicamente impossibile, ma spesso implicita nelle narrazioni più ingenue o tecnocratiche.

Significherebbe un sistema che non genera alcuna perdita, rifiuto, spreco, squilibrio: cioè un sistema a entropia zero, chiuso e perfettamente efficiente.

Ma come sai bene:

  • La seconda legge della termodinamica lo esclude: ogni trasformazione energetica comporta dissipazione.

  • Anche i sistemi naturali sono dissipativi: generano scarti, ma li reintegrano in altri cicli.

È una visione meccanica, non vitale, che confonde l’ordine con la sostenibilità.


Conclusione (sistemica):

L’impatto zero, in entrambe le versioni, è fuorviante:

  • Nella prima, perché semplifica la complessità sistemica a una compensazione contabile.

  • Nella seconda, perché nega la natura dissipativa dei sistemi viventi, confondendo la vita con la perfezione meccanica.

Un sistema è sostenibile non quando azzera l’impatto, ma quando vive nel proprio equilibrio dinamico,

dissipando quanto può rigenerare, e generando impatti di valore.

👉 Se vuoi approfondire ancora di più questo argomento ecco un articolo che ho scritto per te → Blue Economy: cos'è e perché è una vera rivoluzione.

Perché non mi piacciono i divulgatori o gli influencer della sostenibilità?

Perché troppo spesso semplificano un tema complesso, riducendolo a messaggi performativi, estetici o motivazionali.

La sostenibilità non è un trend, né un insieme di buone pratiche da copiare.

È un ripensamento radicale dei sistemi, e richiede tempo, ambiguità, rigore, conflitto trasformativo. Tutto ciò che l’algoritmo non premia.

Molti influencer della sostenibilità:

  • operano ancora all’interno delle logiche capitaliste, pur parlandone contro;

  • fanno collaborazioni e sponsorizzazioni con brand senza interrogarsi realmente sul modello di business sottostante (e spesso non hanno nemmeno gli strumenti per valutarlo criticamente);

  • cercano potere, visibilità, influenza, alimentando una dinamica verticale, non rigenerativa;

  • costruiscono progetti e partnership basati sul numero di follower, e non sulla coerenza sistemica o sulla risonanza valoriale.

In pratica, riproducono la logica del massimo profitto possibile, solo traslata sul piano della reputazione e della visibilità.

Non è questione di “purezza” o giudizio personale.

È una questione sistemica: non si può trasformare un sistema adottandone in blocco le logiche.


La sostenibilità, se è reale, non si comunica come conversione, ma si trasmette come coerenza.

Preferisco i progetti che:

  • non hanno bisogno di piacere a tutti per funzionare;

  • creano impatto reale, anche senza visibilità;

  • non cercano un pubblico, ma un ecosistema.

  • non costruiscono community, ma una visione da costruire in modo condiviso (comunità, quelle vere).

Il cambiamento vero non è una campagna.

È un lento movimento dal meno complesso al più complesso, proprio come insegnano i sistemi complessi. 

Cosa significa Green Economy?

Secondo la Commissione Europea, la green economy è:

«Un’economia che genera crescita, crea posti di lavoro e contribuisce alla riduzione della povertà, investendo e valorizzando il capitale naturale, riducendo l’impatto ambientale e aumentando l’efficienza delle risorse.»

A prima vista, sembra una definizione positiva. Ma basta fermarsi su una parola chiave per capire tutto: capitale.

Il linguaggio svela il paradigma

Quando si parla di “capitale naturale” o “capitale umano”, si sta ancora guardando la Terra, gli ecosistemi e le persone non come sistemi viventi, ma come risorse da ottimizzare.

È lo stesso linguaggio usato da molte aziende B Corp o Società Benefit, che pur dichiarando obiettivi con determinati valori morali o ambientali, continuano a vedere:

  • la natura come un deposito di valore da valorizzare,

  • le persone come mezzi produttivi da attivare in modo “sostenibile”,

  • e la sostenibilità come un asset strategico, non come una trasformazione sistemica.

Non esiste nessun capitale. Esistono solo sistemi complessi interconnessi.

Parlare di “capitale naturale” significa pensare alla natura come qualcosa che ci serve, non come qualcosa che siamo.

Perché questo è un problema?

Perché finché continuiamo a usare le parole del sistema che ha creato la crisi, non possiamo uscirne davvero.

L’economia verde europea non cambia lo scopo del sistema, cambia solo la forma in cui lo maschera.

E finché lo scopo resta la crescita, nessuna strategia sarà mai sostenibile nel senso profondo del termine.

Serve un altro linguaggio.

E prima ancora, un’altra logica: rigenerativa, relazionale, sistemica.

Dove la vita non è un asset, ma un tessuto da custodire.

👉 Se vuoi approfondire ancora di più questo argomento ecco un articolo che ho scritto per te → Perché la Green Economy non è un modello sostenibile.

Perché la Green Economy non è sostenibile?

Perché non affronta le cause della crisi sistemica, ma solo i suoi sintomi.

La green economy è una strategia di auto-conservazione del capitalismo: non ne rappresenta una trasformazione, ma una versione aggiornata e più accettabile.

In termini sistemici, si comporta come un meccanismo omeostatico: corregge parzialmente alcuni effetti disfunzionali (inquinamento, sprechi, immagine aziendale), senza mai mettere in discussione l’obiettivo profondo del sistema: l’accumulazione di profitto attraverso la crescita continua.

In altre parole: la green economy cerca di rendere “più verde” un sistema che rimane essenzialmente estrattivo, diseguale e destabilizzante.

Questo è il motivo per cui fallisce nel lungo periodo:

  • Le soluzioni sono tecniche, non sistemiche;

  • Le metriche sono quantitative, non trasformative;

  • L’approccio resta competitivo e performativo, anche quando parla di impatto positivo.

👉 Se vuoi approfondire ancora di più questo argomento ecco un articolo che ho scritto per te → Perché la Green Economy non è un modello sostenibile.

👉 Se vuoi approfondire ancora ecco un altro articolo che ho scritto → Perché la Green Economy sta fallendo. E tu ci sei dentro fino al collo.

Quali sono i cinque obiettivi principali della Green Economy?

Secondo i documenti internazionali e le agenzie che promuovono la green economy (come UNEP, OECD, UE), gli obiettivi principali sono:

  1. Ridurre le emissioni di gas serra

  2. Aumentare l’efficienza nell’uso delle risorse

  3. Promuovere l’energia rinnovabile

  4. Stimolare l’occupazione “verde”

  5. Ridurre l’impatto ambientale delle attività economiche

Apparentemente, sono traguardi condivisibili.

Ma il vero problema è: su quale modello vengono costruiti?

Tutti questi obiettivi sono pensati per ottimizzare un sistema che resta orientato alla crescita e al profitto.

Non mettono mai in discussione lo scopo del sistema economico.

Si limitano a renderlo “più efficiente” sul piano energetico o ambientale ma restano all’interno della stessa logica estrattiva.

La stessa che non permette il raggiungimento proprio di quei 5 punti.

Una vera alternativa?

La green economy riduce i danni, ma non rigenera.

Non crea sistemi resilienti, connessi, evolutivi.

Non riconosce che la sostenibilità è una proprietà sistemica, non un insieme di KPI ambientali.

Non rimette l'essere umano come parte di un sistema complesso che si chiama natura.

Per questo serve un salto: dalla sostenibilità lineare alla progettazione rigenerativa, dove ogni attività economica è parte attiva della salute degli ecosistemi e creatrice di processi di comunità.

👉 Se vuoi approfondire ancora di più questo argomento ecco un articolo che ho scritto per te → Perché la Green Economy non è un modello sostenibile.

Qual è la differenza fra blue economy e green economy?

Entrambe si presentano come soluzioni “sostenibili” al modello economico dominante. Ma hanno origini, logiche e ambizioni diverse.

Green Economy

È un’evoluzione del modello capitalista, che cerca di limitare l’impatto ambientale attraverso tecnologie verdi, energie rinnovabili, riduzione delle emissioni, efficienza energetica.

È basata su un principio di compensazione: produrre in modo “più pulito”, senza cambiare gli scopi del sistema economico (profitto, crescita, consumo).

In altre parole: rende più sostenibile ciò che continua a funzionare in modo insostenibile.

È spesso usata come strumento di marketing o strategia di greenwashing, dove l’apparenza ecologica non corrisponde a un cambiamento strutturale.

Blue Economy

Il termine è stato rilanciato da Gunter Pauli, che ne ha fatto una proposta radicalmente diversa:

non si tratta solo di ridurre gli impatti negativi, ma di progettare sistemi economici rigenerativi, ispirati ai processi degli ecosistemi naturali.

Nella visione originaria di Pauli:

  • non esistono rifiuti, perché ogni “scarto” diventa risorsa per un altro processo;

  • i sistemi sono interdipendenti, locali, a ciclo chiuso;

  • la biodiversità e la resilienza sono alla base del valore, non l’efficienza lineare.

La Blue Economy non cerca di fare “meno male”, ma di fare bene come fa la natura.

Ma attenzione

Oggi molte aziende usano “blue” e “green” come sinonimi, o li svuotano del loro significato originario per farne semplici etichette di marketing.

Il problema non è nel colore.

È che entrambe le economie, se inserite in un sistema capitalista, finiscono per essere assorbite dal suo scopo: l’accumulazione di profitto.

Serve una trasformazione sistemica, non una tinta più “naturale” dello stesso modello.

👉 Se vuoi approfondire l'argomento → vai alla sezione del Libro "La fine del Capitalismo"

Qual è la differenza tra Green Economy e Circular Economy?

La differenza è spesso fraintesa.

In realtà, la Circular Economy non è un’economia autonoma, ma un processo tecnico all’interno della Green Economy.

La Circular Economy è una strategia operativa.

La Green Economy è la visione politica ed economica che la contiene.

Green Economy

La Green Economy è un approccio che cerca di rendere il capitalismo più “sostenibile” attraverso:

  • energie rinnovabili,

  • efficienza energetica,

  • tecnologie verdi,

  • occupazione “green”.

  • ecc.

Ma non cambia la logica del sistema: la crescita economica resta l’obiettivo, la natura è vista come “capitale naturale”, e le persone come “capitale umano”.

È un modello che promette sostenibilità senza mai mettere in discussione lo scopo: l’accumulazione di valore economico.

Circular Economy

La Circular Economy viene spesso presentata come rivoluzionaria (sicuramente con i suoi lati positivi), ma in realtà è:

  • un insieme di pratiche industriali per ridurre gli sprechi,

  • chiudere i cicli di produzione,

  • trasformare scarti in risorse.

Non è un modello economico sistemico.

È una tecnologia di processo che la Green Economy utilizza per ottenere i suoi obiettivi in modo più efficiente.

È un’estensione tecnica, non un’alternativa strutturale.

E se applicata senza cambiare lo scopo del sistema, diventa solo un modo più elegante per continuare a produrre — e consumare.

In sintesi

Green Economy

Circular Economy

Cos’è?

Una strategia politica per un capitalismo “verde”

Un processo tecnico dentro la Green Economy

Livello sistemico

Paradigma adattivo

Strumento operativo

Scopo

Crescita con meno impatto

Ottimizzare la produzione

Limite

Non cambia la logica capitalista

Non cambia la funzione del sistema

Rischio

Greenwashing

Circular-washing (efficienza senza trasformazione)

Una vera alternativa non è fare le stesse cose in modo più pulito. È cambiare lo scopo del sistema, non solo la forma. La rigenerazione non è un processo. È un principio vitale.

👉 Se vuoi approfondire ancora di più questo argomento ecco un articolo che ho scritto per te → Cos'è l'economia circolare e perché non ci salverà dalla crisi ecologica.

Bilancio di sostenibilità: chi deve farlo?

A oggi, il bilancio di sostenibilità è obbligatorio solo per alcune categorie di imprese. Ma dal 2025 in poi, la normativa europea prevede un’estensione graduale dell’obbligo a una platea sempre più ampia.

Le imprese coinvolte, in base alla nuova direttiva CSRD, saranno:

  • Dal 2025, le grandi realtà già soggette a obblighi di rendicontazione non finanziaria, come società quotate, banche e assicurazioni di dimensioni superiori (oltre 500 dipendenti e volumi finanziari rilevanti).

  • Dal 2026, anche le aziende di grandi dimensioni non quotate (con oltre 250 dipendenti, fatturati sopra i 50 milioni o attivi superiori ai 25 milioni).

  • Dal 2027, toccherà anche a PMI quotate che superano determinate soglie minime (11 dipendenti, circa 900.000 euro di fatturato, o 450.000 euro di attivo patrimoniale).

Fin qui, tutto chiaro: si tratta di adempimenti normativi. Ma la vera domanda non è chi è costretto a farlo.

La domanda è: a cosa serve davvero questo bilancio? E cosa misura?

Per come è concepito oggi, il bilancio di sostenibilità è spesso un documento che fotografa impatti ambientali e sociali dopo che il business ha già funzionato secondo una logica produttiva classica: crescita, efficienza, margine.

Serve a rendere “compatibile” qualcosa che, sistemicamente, non è sostenibile.

Il problema non è misurare.

Il problema è quale sistema stai misurando.

Se il modello è ancora lineare, estrattivo, orientato al profitto come fine, nessun bilancio potrà renderlo coerente con la vita.

Ogni impresa, anche la più piccola, anche non obbligata dovrebbe invece chiedersi:

“Le attività che porto avanti hanno come obiettivo primario il profitto?”

Un vero bilancio di sostenibilità non certifica la performance, ma mette a nudo l'obiettivo reale del business.

E dovrebbe servire a riprogettare il sistema, non solo a rendicontarlo.

👉 Se vuoi approfondire ancora di più questo argomento ecco un articolo che ho scritto per te → CSRD e obiettivi ESG: quando la sostenibilità è solo una metrica.

Sistemi complessi

Cosa si intende per sistemi complessi e perché sono fondamentali per comprendere il mondo reale?

Un sistema complesso è un insieme di elementi che, interconnessi fra loro, perseguono un obiettivo, una funzione o uno scopo.

Ciò che rende un sistema “complesso” non è la quantità degli elementi, ma la natura e la qualità delle relazioni tra essi. In un sistema complesso, ogni elemento è collegato agli altri in modo dinamico e non lineare: una modifica in una parte può generare effetti inaspettati altrove, anche a distanza, e in tempi differiti.

La complessità è una proprietà di tutti i sistemi viventi e adattivi: non può essere compresa con approcci lineari o settoriali, perché il comportamento dell’insieme non è riducibile alla somma delle sue parti.


Esempi di sistemi complessi

Sono sistemi complessi:

  • una persona, un corpo umano,

  • una pianta, un ecosistema, un clima,

  • un’impresa, un’organizzazione, un’economia,

  • una città, una rete sociale, una nazione,

  • perfino la Terra stessa, intesa come biosfera integrata.

Anche tu che stai leggendo sei un sistema complesso.

Se non comprendi come funziona un sistema complesso, non puoi comprendere appieno te stesso, né i sistemi in cui sei immerso.


Caratteristiche principali dei sistemi complessi

  • 1. Auto-organizzazione

    L’auto-organizzazione è la capacità che ha un sistema di strutturarsi e riorganizzarsi da sé, senza la necessità di un controllo centrale esterno.

    Ma non si tratta solo di mantenere l’ordine: un sistema auto-organizzato è capace di aumentare la propria complessità in risposta alle condizioni del contesto, generando nuove strutture, ruoli o funzioni interne.

    2. Gerarchia (a incastro)

    I sistemi complessi sono organizzati in livelli strutturali annidati, ciascuno dei quali è un sistema complesso a sé stante.

    Queste gerarchie non sono rigide né verticali, ma modulari e adattive: comprendere un sistema complesso significa saper leggere le relazioni tra livelli, e non trattarli come compartimenti separati.

    3. Resilienza

    La resilienza è la capacità di un sistema di assorbire una perturbazione esterna e di tornare in uno stato di equilibrio dinamico.

    Ma attenzione: l’equilibrio a cui il sistema torna non è lo stesso di prima.È un nuovo stato adattivo, compatibile con le condizioni mutate, che mantiene la continuità funzionale del sistema pur modificandone la struttura.

    In altre parole, un sistema resiliente non resiste cambiando il meno possibile, ma continua a esistere cambiando quanto necessario.


Perché sono fondamentali per comprendere la realtà

Quasi tutto ciò che esiste è un sistema complesso.

Ma la nostra cultura ci ha abituati a studiare il mondo in modo settoriale: marketing, comunicazione, ingegneria, psicologia, economia.

Tuttavia, ognuna di queste discipline analizza solo un frammento di sistemi più ampi, che funzionano secondo logiche complesse.

Per esempio:

Il marketing non è un sistema complesso.

È una pratica che cerca di comunicare un sistema complesso: il business.

Studiare marketing senza comprendere il sistema vivente a cui si applica produce distorsioni, semplificazioni e incoerenze.

Studiare i sistemi complessi significa imparare a comprendere la realtà nella sua interezza.

È una chiave di lettura che attraversa tutte le discipline, tutte le scale, tutti i contesti.

👉 Se vuoi approfondire ancora di più questo argomento ecco un articolo che ho scritto per te → Cos’è un sistema complesso: perché non lo capisce quasi nessuno?

Qual è la differenza tra un sistema complesso e un sistema complicato?

Un sistema complicato è un sistema formato da molte parti, ma le cui relazioni sono note, lineari e prevedibili.

È difficile da comprendere o riparare, ma in linea di principio può essere analizzato e controllato. Un orologio meccanico, un computer o un aereo sono esempi di sistemi complicati: serve competenza per gestirli, ma seguono logiche deterministiche.

Un sistema complesso, invece, è un sistema formato da elementi interconnessi le cui relazioni sono non lineari, adattive e in parte imprevedibili.

Il comportamento di un sistema complesso non può essere previsto o spiegato interamente studiando le sue singole parti, perché emerge dalle interazioni tra esse.


Caratteristica

Sistema complicato

Sistema complesso

Struttura

Fissa, progettata dall’esterno

Adattiva, emergente

Comportamento

Prevedibile

Non completamente prevedibile

Relazioni tra elementi

Lineari

Non lineari, con feedback

Controllabilità

Può essere controllato

Può solo essere accompagnato

Esempi

Motore, algoritmo, aereo

Ecosistema, corpo umano, impresa, comunità


Perché è importante distinguere?

Perché confondere un sistema complesso con uno complicato porta a errori di gestione, progettazione e trasformazione.

Nei sistemi complessi, le soluzioni lineari o standardizzate non funzionano: possono generare effetti collaterali imprevisti, o aggravare il problema che volevano risolvere.

Capire questa differenza è cruciale per:

  • lavorare con persone e organizzazioni,

  • progettare modelli economici e comunitari,

  • affrontare crisi ambientali, sociali o relazionali.

Nel Mycelium Method©, questa distinzione è alla base della progettazione rigenerativa: non si tratta di “aggiustare” pezzi, ma di attivare condizioni per l’emergere di nuovi equilibri sistemici.

👉 Se vuoi approfondire ancora di più questo argomento ecco un articolo che ho scritto per te → Sistema complesso o complicato? Ecco le differenze.

Quali sono gli esempi più comuni di sistemi complessi?

I sistemi complessi sono ovunque nella realtà.

Non sono eccezioni, ma la forma naturale con cui la vita, la società e l’economia si organizzano.

É in un certo senso il modello che utilizza la natura per progettare e creare le sue "forme".

Un sistema complesso è fatto di molteplici elementi interconnessi che interagiscono tra loro in modo non lineare, generando comportamenti emergenti e adattivi.


Esempi comuni di sistemi complessi:

1. Il corpo umano

Organi, cellule, ormoni, sistema nervoso e microbiota lavorano insieme in equilibrio dinamico. Non c’è un singolo “centro di comando”: tutto è in relazione continua.

2. Un ecosistema

Foreste, barriere coralline, laghi, suoli: ogni componente (piante, animali, clima, funghi, microrganismi) influenza le altre, in reti di scambio e feedback.

3. Una comunità o una società

Relazioni sociali, culture, valori, dinamiche economiche e politiche sono interdipendenti e non prevedibili nel dettaglio. Le decisioni emergono, più che essere pianificate.

4. Un’organizzazione o un’impresa

Un’azienda non è una macchina: è fatta di persone, relazioni, ruoli, contesti, visioni e processi. Tutti elementi che si influenzano reciprocamente.

5. Un’economia locale o globale

I mercati sono influenzati da fattori ambientali, politici, sociali, tecnologici e culturali che cambiano in tempo reale. Le reazioni non sono lineari né sempre razionali.

6. Una rete tecnologica o digitale

Internet, social network, blockchain: strutture distribuite che si evolvono continuamente in base ai comportamenti degli utenti e agli aggiornamenti tecnici.

7. Tu stesso

Sei un sistema complesso fatto di emozioni, memorie, desideri, abitudini, relazioni, microbi, ormoni e storie.

Comprendere i sistemi complessi significa anche imparare a comprendere sé stessi.


Perché è utile riconoscerli?

Perché trattare un sistema complesso come se fosse lineare o meccanico porta a errori di gestione, controllo e trasformazione.

Saper riconoscere un sistema complesso significa lavorare con la vita, non contro di essa.

Nel Mycelium Method©, ogni progetto – personale, imprenditoriale o collettivo – è visto e accompagnato come un sistema complesso vivente, non come un insieme di parti da ottimizzare.

👉 Se vuoi approfondire ancora di più questo argomento ecco un articolo che ho scritto per te → Cos’è un sistema complesso: perché non lo capisce quasi nessuno?

Cosa distingue un problema complesso da un problema complicato?

Un problema complicato è difficile, ma in linea di principio risolvibile.

Richiede competenze tecniche, analisi, tempo, ma ha una soluzione definibile, spesso attraverso la scomposizione in sotto-problemi e l’applicazione di procedure logiche.

Esempi di problemi complicati sono: costruire un razzo, ottimizzare una catena di montaggio, progettare un software.

Un problema complesso, invece, è aperto, mutevole, interconnesso.

Non ha una causa unica, né una soluzione definitiva. Coinvolge molteplici fattori in interazione, che cambiano nel tempo e si influenzano reciprocamente.

Esempi di problemi complessi: il cambiamento climatico, la coesione sociale, la cultura aziendale, una crisi di senso personale, la rigenerazione di un territorio.


Aspetto

Problema complicato

Problema complesso

Natura

Tecnica, meccanica

Sistemica, adattiva

Soluzione

Esiste e può essere trovata

Non esiste una soluzione unica o definitiva

Approccio

Analitico: scomporre per risolvere

Sistemico: leggere connessioni, feedback

Relazioni

Lineari e gerarchiche

Non lineari, interdipendenti

Evoluzione nel tempo

Stabile

Cambia in base al contesto e all’interazione


Chiedersi “perché” è spesso inutile nei problemi complessi

Una delle trappole più comuni è cercare una causa singola per un problema complesso.

Ma in un sistema complesso, non esiste un solo “perché”. Le cause sono multiple, distribuite, intrecciate tra loro.

Chiedersi “perché succede questa cosa?” presuppone una linearità che non appartiene alla realtà complessa.

In questi casi, la domanda utile non è “perché?”, ma:

“Cosa sta succedendo nel sistema?”

“Quali pattern emergono?”

“Quali leve posso attivare per accompagnare un cambiamento sostenibile?”


Nel Mycelium Method©, non si cerca una soluzione a un problema

Si lavora sulle condizioni di sistema, per permettere a nuove dinamiche, relazioni e forme di coerenza di emergere nel tempo.

Comprendere se ci si trova davanti a un problema complesso è il primo passo per non intervenire con strumenti sbagliati.

Perché una soluzione lineare a un problema complesso non solo è inefficace: è spesso dannosa.

👉 Se vuoi approfondire ancora di più questo argomento ecco un articolo che ho scritto per te → Cos’è un sistema complesso: perché non lo capisce quasi nessuno?

In che modo Systemic Flow può aiutarmi a capire i sistemi complessi?

Systemic Flow è un percorso formativo che ti guida a:

  • Comprendere le dinamiche dei sistemi complessi: attraverso l’osservazione delle interconnessioni e delle relazioni tra gli elementi di un sistema, impari a riconoscere pattern emergenti e comportamenti adattivi.

  • Applicare principi naturali alla progettazione: ispirandoti alle strategie della natura, puoi sviluppare modelli di business, comunità o progetti personali che siano resilienti, adattivi e rigenerativi.

  • Sviluppare una visione sistemica: superando la frammentazione del pensiero lineare, acquisisci una prospettiva integrata che considera l’interdipendenza tra elementi e livelli di un sistema.


Perché è utile?

Viviamo in un mondo caratterizzato da complessità crescente, dove le sfide ambientali, sociali ed economiche sono interconnesse. Systemic Flow ti fornisce le chiavi per navigare questa complessità, evitando soluzioni semplicistiche e abbracciando approcci che rispettano la natura dinamica dei sistemi viventi.


Cosa imparerai concretamente?

  • Identificare e mappare le relazioni sistemiche: imparando a vedere oltre le singole parti, riconoscendo le connessioni e le influenze reciproche.

  • Progettare in coerenza con la complessità: sviluppando soluzioni che emergono dalle dinamiche del sistema stesso, piuttosto che imporre modelli esterni.

  • Adottare una mentalità rigenerativa: focalizzandoti su pratiche che non solo mantengono, ma migliorano la salute e la vitalità dei sistemi di cui fai parte.

Systemic Flow è più di un corso: è un invito a trasformare il tuo modo di pensare, progettare e agire nel mondo, in sintonia con la complessità e la bellezza dei sistemi viventi.

👉 Se vuoi approfondire l'argomento → vai alla sezione del corso Systemic Flow

Cos'è davvero la natura?

Per molti, la natura è ciò che sta fuori: alberi, animali, montagne, fiumi.

Qualcosa da osservare, da proteggere, da cui magari “staccarsi”.

Ma questa è un’illusione.

La natura non è un luogo. È un sistema. È il sistema.

È la rete vivente di cui anche noi facciamo parte. Non siamo separati dalla natura: siamo natura.

In termini sistemici, la natura è il complesso di relazioni interdipendenti tra miliardi di elementi viventi e non viventi che co-evolvono nel tempo.

Non ha un centro. 

Funziona perché è connessa. Perché è coerente. 

Nel paradigma dominante, invece, la natura è vista come “ambiente” — qualcosa che circonda l’uomo, da gestire, sfruttare, compensare.

Questa visione è la radice della crisi ecologica che stiamo vivendo.

Ritrovare la natura non significa piantare alberi, ma riconoscere di farne parte.

E iniziare a progettare, imprese, relazioni ed economie come fa lei: con diversità, adattamento, rigenerazione.

👉 Se vuoi approfondire ancora di più questo argomento ecco un articolo che ho scritto per te → Cos'è la Natura e perché ha poco a che vedere con l'ambiente.

Libro: La fine del capitalismo

4. Perché dovrei acquistare un libro contro il capitalismo? Non è contraddittorio?

No, non lo è. Ciò che definisce maggiormente il comportamento di un sistema è il suo obiettivo. Il mio obiettivo non è arricchirmi con la vendita di questo libro, ma fornire strumenti a persone con valori e visioni simili alla mia, per costruire un mondo che ci somigli, che vibri insieme alla nostra identità. La venndita è solo una conseguenza di questo obiettivo che mi permette di continuare a portarlo avanti. Se vuoi sapere ancora di più su di me, ecco qui la mia bio →

👉 Se vuoi approfondire l'argomento → vai alla sezione del Libro "La fine del Capitalismo"

5. Come posso avere il libro?

Puoi scaricare il libro direttamente dal questa pagina web, semplicemente cliccando sul pulsante dedicato. Ci ho messo più di un anno per trovare una casa editrice che condividesse la mia visione e i miei valori senza risultati. Avrei potuto pubblicarlo su Amazon domani mattina, ma non sarebbe stato coerente con il mio modo di vedere il mondo. Ho deciso così di auto-pubblicarlo gratuitamente, richiedendo una donazione ma senza alcun obbligo. Questo libro è il frutto di una scelta consapevole e di un percorso che vibra insieme ai principi che voglio condividere con te.

👉 Se vuoi approfondire l'argomento → vai alla sezione del Libro "La fine del Capitalismo"

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